Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

SUL SIGNIFICATO DELLE DOTTRINE DELLA CONCORRENZA IMPERFETTA 73 Quindi è bensl vero che le dottrine della concorrenza monopolistica « s1 avvicinano» di più ai fatti, ma solo nel senso che al rigore scienti– fico tendono a sostituire una semplice descrittiva. Frutto questo del– l'aver criticato la teoria tradizionale non nel suo vero limite (l'impo– stazione statica) ma solo nella conseguenza di questo limite (la concor– renza perfetta). In realtà della teoria tradizionale, la nuova dottrina mantiene ciò che abbiamo chiamato il limite e perde ciò che abbiamo clziamato il valore. Grandissimi possono anche essere gli errori contenuti nella teoria tradizionale, ma, per grandi che fossero, erano errori scientifici, e voler distruggere gli errori scientifici distruggendo la scienza stessa non può, ovviamente, essere considerato un progresso. Un merito tuttavia non può essere disconosciuto alle dottrine di cui ci siamo occupati: esse, quando vengano considerate criticamente, hanno il merito di richiamare violentemente l'attenzione sulla necessità dell'uscita dall'analisi statica, sulla necessità cioè di una comprensione scientifica, e non solo di un avvicinamento descrittivo, ai «fatti», cioè, ancora, sulla necessità di operare dal sistema economico delle astra– zioni capaci di dar luogo alla formulazione sempre più esatta di leggi scientifiche autentiche. Infatti è la stessa impossibilità di determinare l'equilibrio generale del complesso delle aziende in concorrenza mono– polistica, è cioè la stessa instabilità direttamente connessa alla concor– renza monopolistica a suggerire che è impossibile trovare in statica (cioè nell'analisi dell'equilibrio) una sistemazione teorica sufficiente del funzionamento del sistema 11 • Perciò, anche dopo le dottrine che hanno origine da Sraffa, da Chamberlin e dalla Robinson, il problema della critica alla concorrenza perfetta (statica) rimane totalmente aperto 18 • 17 Già nella n. 13 abbiamo notato che gli studi recentissimi sulla formazione dei prezzi riflettono in modo particolare questa impossibilità. Essi, in definitiva, non forni– scono più un'analisi statica e non forniscono ancora un'analisi dinamica. Sono semplici descrittive di casi particolari (che restano particolari anche se possono essere « frequen– .ti »). In essi perciò è scomparso qualsiasi residuo di discorso scientifico in senso proprio, e hanno valore solo per l'esigenza che pongono. 18 Ci sembra di poter rilevare comunque una differenza tra la trattazione del pro– blema da parte di Sraffa e la trattazione da parte degli altri due autori e di tutti gli altri che successivamente hanno portato contributi alla teoria delle forme di mercato. La differenza è più di impostazione e di tono che di tecnica in senso stretto. Sraffa, pur criticando la teoria tradizionale nell'ambito della tecnica analitica propria di questa teoria, sembra ben cosciente della necessità di una revisione totale da esercitare verso la scienza economica. Questa, nel suo articolo, è una caratteristica più importante dei sug– gerimenti tecnici che egli dà. Ed è probabilmente questa la ragione per la . quale non Biblioteca Gino Bianco

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