Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
SUL SIGNIFICATO DELLE DOTTRINE DELLA CONCORRENZA IMPERFETTA 69 scienza economica come quella che doveva studiare la « ricchezza delle nazioni »; è vero per Ricardo, che, nel suo lavoro, tenne fede alla definizione della scienza economica come quella che doveva studiare il modo in cui il prodotto nazionale si distribuisce; è vero per Marx, che, nelle caratteristiche fondamentali del comportamento economico del « capitalista », cercò la chiave per scoprire le leggi del funzionamento del « sistema » come un tutto; è vero, e la ragione è troppo ovvia, per W alras e per Pareto; è vero, in definitiva, anche per Marshall, sebbene non c'è dubbio che ci siano già in lui, e in modo molto preciso, gli inizi della tendenza a spostare l'accento dal sistema all'azienda. In secondo luogo, la teoria classica e neoclassica, con. la sola rile– vante eccezione di Marx, volle esaminare non questa o quella realtà economica, storicamente determinata, ma la realtà economica, cioè, po– tremmo precisare, quella realtà economica universale che è presente in qualsivoglia determinazione storica particolare. Si potrebbe aggiungere che questa caratteristica fu resa esplicita e dichiarata dai neoclassici, mentre era ancora implicita e non dichiarata nei classici, ma la diffe– renza tra le due scuole, pur nell'ambito di questa caratteristica comune, è ancor più profonda. Infatti nei classici ci fu un'identificazione imme– diata tra la realtà economica, in termini della quale essi parlavano, e la realtà economica capitalistica, nella quale essi vivevano. Ciò ebbe una conseguenza di grandissima portata: la teoria classica (specialmente nella formulazione di Ricardo) 14 rispecchia molti degli elementi dina– mici propri del sistema storico, ma il carattere di definitività attribuito a questo sistema, e che era implicito nella identificazione sopra detta, portava necessariamente i classici a porre l'accento su tutti gli aspetti statici della realtà economica che andavano studiando, su tutti quegli aspetti cioè per i quali il sistema si aggiusta automaticamente verso una posizione stabile di equilibrio. Si tenga presente infatti che gli aspetti dinamici del sistema storico (come fu rilevato da Marx e, in misura minore, da alcuni classici non strettamente « ortodossi », come Malthus) erano ta:li da incanalare il sistema stesso sulle vie della crisi e, al limite, del dissolvimento. Tenerne conto in modo conseguente era al di fuori dei limiti che la ipostatizzazione del sistema chiaramente segnava. È importante tenere presenti le radici culturali generali di questo atteggiamento dei classici: essi, in quanto erano scienziati veri, 14 Si vedano, ad esempio, le osservazioni di HARROD in Towards a Dynamic Eco– nomics, Londra 1948, pp. 15-16. Biblioteca Gino Bianco
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