Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

SILENZIO 5 canalizzare. Parlare incessantemente di se stesso a una persona che ascolta, che è pagata per ascoltare: mettere a nudo le radici del proprio silenzio: sì, questo forse può dare un momentaneo sollievo. Ma il silenzio è universale e profondo. Il silenzio, lo ritroviamo subito appena usciti dalla porta della stanza dove quella persona, pagata per ascol– tare, ascoltava. Ci ricaschiamo subito dentro. Allora quel sollievo di un'ora ci sembra superficiale e banale. Il silenzio è sulla terra: che ne guarisca uno solo di noi, per un'ora, non serve alla causa comune. Quando andiamo a farci psicanalizzare, ci dicono che dobbiamo smetterla di odiare così fortemente la nostra stessa persona. Ma per libe– rarci di questo odio, per liberarci del senso di colpa, del senso di panico, del silenzio, ci viene suggerito di vivere secondo natura, di abbando– narci al nostro istinto, di seguire il nostro puro piacere: di fare della nostra vita una pura scelta. Ma fare della vita una pura scelta non è vivere secondo natura: è vivere contro natura, perché all'uomo non è · dato scegliere sempre: l'uomo non ha scelto l'ora della sua nascita, né il proprio viso, né i propri genitori né la propria infanzia: l'uomo non sceglie, di solito, l'ora della sua morte. L'uomo non può che accettare il proprio viso così come non può che accettare il suo proprio destino: e la sola scelta che gli è consentita è la scelta fra il bene e il male, fra il giusto e l'ingiusto, fra la verità e la menzogna. Le cose che ci dicono quelli da cui andiamo a farci psicanalizzare non servono perché non tengono conto della nostra responsabilità morale, della sola scelta che è consentita alla nostra vita: chi di noi è andato a farsi psicanalizzare, sa bene come quell'atmosfera d'effimera libertà di cui si godeva a vivere secondo il nostro puro piacere, fosse un'atmosfera rarefatta, innaturaie, in definitiva irrespirabile. Di solito questo vizio del silenzio che avvelena la nostra epoca lo si esprime con un luogo comune: « Si è perduto il gusto della con– versazione». Chi se ne frega. Ma è l'espressione futile, mondana, di una cosa vera e tragica. Dicendo « il gusto della conversazione» noi non diciamo niente che ci aiuti a vivere: ma la possibilità di un libero e normale rapporto fra gli uomini, questo sì ci manca, e ci manca al punto che alcuni di noi si sono ammazzati per la coscienza di questa privazione. Il silenzio miete le sue vittime ogni giorno. Il silenzio è una malattia mortale. Mai come oggi, le sorti degli uom1m sono state tanto strettamente connesse l'una all'altra, così che il disastro di uno è il disastro di tutti. BibliotecaGino Bianco

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