Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

SUL SIGNIFICATO DELLE DOTTRINE DELLA CONCORRENZA IMPERFETTA 67 rimedio solo ricorrendo ad una casistica empirica, clie caso per caso determinasse l'andamento delle curve in questione. Dunque nel caso del monopolio, per scrivere le equazioni dell'equi– librio, sarebbe logicamente necessario che questa casistica fosse stata esaurita. Il che non è logicamente impensabile, anche se ci si trove– rebbe di fronte ad una abdicazione precisa della teoria economica 12 • Nel caso della concorrenza imperfetta o monopolistica, le cose sono ancora più gravi, perché diviene impossibile anche questa casistica em– pirica (si intende: impossibile al fine di costruire una teoria dell'equili– brio). Infatti una condizione su cui possa basarsi una teoria dell'equili– brio (comunque venga stabilita: in sede di teoria o in sede empirica) deve comunque possedere il requisito della stabilità; e ciò avviene sia per la concorrenza che per il monopolio (sia pure con le differenze viste). Invece in concorrenza imperfetta qualsiasi posizione è instabile per definizione: come s'è già visto, la mancanza di closed entry ( com'è invece per il monopolio) e le differenze delle rendite godute provocano spostamenti da una produzione all'altra, che non possono (com'è in– vece il caso per la concorrenza perfetta) eliminare queste rendite, ma anzi sempre le riproducono in direzioni diverse da quelle originarie; onde non c'è alcuna ragione per ritenere che il processo debba aver fine 13 • 1 2 Su questo punto si veda anche P. M. SwEEZY, The Theory of Capitalist Deve– iopment (Dcnnis Dobson, Londra, 1949), pp. 270-1: « Quando il potere di limitare l'of– ferta è nelle mani dei produttori, è nelle loro mani anche il potere di fissare i prezzi, ed è impossibile determinare teoricamente, e con un grado utile di generalità, in qual punto i prezzi saranno fissati; troppi fattori diversi entrano nella determinazione di un certo prezzo perché sia possibile la costruzione di una teoria che non abbia se non un grado estremamente .limitato di applicabilità. Ciò è pienamente provato dai tentativi della teoria economica ortodossa degli ultimi anni di stabilire leggi obbiettive del prezzo in condizioni di monopolio totale o parziale. A parte poche vuote proposizioni, come quella che il prezzo è tale da massimizzare il profitto, la teoria del prezzo monopoli– stico si muta rapidamente in un elenco di casi speciali, ognuno con la sua particolare soluzione. Che questo accada non è colpa degli economisti, né è semplicemente, come alcuni sostengono, un segno dell'arretratezza della scienza; la difficoltà è inerente alla questione stessa. Sul prezzo di monopolio non sono state scoperte leggi ragionevolmente generali, perché tali leggi non esistono ». l3 È facile vedere che la riduzione della ricerca alla casistica empirica con la per– dita di ogni possibilità di considerare un equilibrio generale, risulta confermat:t ulterior– mente dalla tendenza a cui abbiamo accennato alla n. 2. Nell'articolo ivi citato del Bain si elencano le seguenti ragioni per le quali l'azienda può non funzionare a pro– fitto massimo: 1) i venditori commettono errori nel tentativo di massimizzare il pro– fitto, 2) di fronte alla grande incertezza relativa alla domanda, i venditori, per garan– tirsi, considerano un costo medio maggiore di quello normale, 3) i venditori temono interventi dello Stato o malevolenza del pubblico, nel caso in cui sfruttassero in pieno le loro posizioni di monopolio, 4) la collusione oligopolistica è meno piena di quanto può sembrare, e la rivalità tiene i prezzi bassi, 5) i prezzi vengono tenuti bassi per Biblioteca Gino Bianco

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