Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
SUL SIGNIFICATO DELLE DOTTRINE DELLA CONCORRENZA IMPERFETTA 65 È bene seguire Schumpeter e riservare il termine profitto ai fenomeni dinamici. Ma si può dire, ci pare, qualcosa di più. Se il profitto resta limitato alla dinamica e, in un modo che non possiamo qui esaminare, ma per il quale ci è sufficiente che il lettore tenga presente il concetto schumpeteriano 10 , misura lo sviluppo del sistema, allora si deve rite– nere che il sistema statico abbia un profitto nullo; ma è bene definire « sistema statico a profitto nullo» quel sistema che ha un massimo di efficienza (statica), come quello contemplato dalla teoria dell'equilibrio generale, e che si ha, come è noto, quando sono nulli i surplus di bilancio delle aziende. Quando questi ;urplus invece esistono, il pro– fitto del sistema statico è meno che nullo, il che permette di definire la rendita (cioè quei surplus individuali statici) come profitto negativo. Ciò posto, possiamo così riassumere le conclusioni raggiunte nel caso della concorrenza monopolistica. A differenza del monopolio e della concorrenza pura, la concor– renza monopolistica rende impossibile lo stabilizzarsi del sistema su una posizione di equilibrio definita perché, in riferimento ad essa, non si può· pensare, senza contraddire le ipotesi che la dèfiniscono, né ad una cristallizzazione delle rendite (se no si avrebbe il monopolio), né ad un processo di livellamento, come quello che la teoria dell'equi– librio generale presuppone nel caso della concorrenza perfetta. In breve, perché si possa parlare di equilibrio del sistema è necessario che in esso le rendite siano o nulle o, se positive, cristallizzate o stabili. Poiché, come abbiamo visto, in concorrenza monopolistica, le rendite sono posi– tive instabili, ne segue che, con questa configurazione di mercato, la considerazione dell'equilibrio del sistema perde significato. Più specifi– camente la posizione di equilibrio può essere àeterminata per ogni singola azienda, sotto la clausola coeteris paribus, ma non è possibile determinare una posizione generale di equilibrio per il sistema nel suo complesso. Per chiarire ancora di più quest'ultimo punto, si può ancora dire qualche parola sulla differenza che esiste in proposito tra la concorrenza monopolistica e il monopolio. Come si sa, Pareto ritenne determinato il problema dell'equilibrio anche nel caso in cui alcuni scambisti fossero monopolisti: egli, all'equazione che esprime l'uguaglianza tra ricavo e costo, sostituì un'equazione esprimente l'uguaglianza tra ricavo e som- lO Teoria dello sviluppo economico, cap. IV; Business Cycles, voi. I, pp. 102 segg. Biblioteca Gino Bianco
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