Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

SUL SIGNIFICATO DELLE DOTTRINE DELLA CONCORRENZA IMPERFETTA 63 Si deve allora concludere che, in concorrenza monopolistica, se esistono, in un dato momento, delle indicazioni circa i punti del siste– ma in cui la profittabilità è maggiore, e se è possibile che sorgano nuove aziende a produrre merci sostituibili con quelle delle aziende esistenti che hanno i profitti maggiori, tuttavia questa sostituibilità, per ipotesi, non è perfetta, e le aziende nuove che sorgono, in quanto sono diverse· da quelle esistenti per condizioni di costo, natura del proprio mercato speciale e qualità del prodotto, possono annullare e possono non annul– lare i profitti delle aziende esistenti; a questi profitti possono sostituire o aggiungere i propri, che possono essere maggiori, uguali o minori di quelli antichi, senza che in teoria sia possibile stabilire quale di questi comportamenti possa verificarsi con maggiore probabilità. Dal che se– gue una conclusione necessaria, che in Chamberlin non si trova, e cioè che l'afflusso di aziende nuove, di norma, non solo non provoca un livellamento dei profitti di tipo monopolistico, ma anzi che, per il carattere peculiare di ciascuna di queste aziende dovuto all'ipotesi stessa di concorrenza monopolistica, tale afflusso continuamente riproduce, di norma, i dislivelli di profittabilità, in direzioni diverse da quelle originarie. Ciò toglie qualsiasi limite al movimento di entrata e di uscita delle aziende e, conseguentemente, rende impossibile la consi– derazione di una posizione di equilibrio di lungo periodo. Diviene allora insostenibile la tesi centrale del libro di Triffin, che cioè la concorrenza monopolistica, se non può rientrare negli schemi propri degli equilibri parziali, può però costituire un elemento di per– fezionamento della teoria dell'equilibrio generale. Si tenga infatti pre– sente la seguente affermazione di Schumpeter: « •• .il concetto di equili– brio walrasiano perfetto è simile a quello, proprio della teoria marshal– liana, di equilibrio di lungo periodo, posto che le condizioni che così si designano siano soddisfatte per ogni singolo elemento del sistema economico» 8 • In realtà, infatti, finché si resta nell'ambito della pura concorrenza, il divario tra la teoria degli equilibri parziali e quella del– l'equilibrio generale è minore di quanto può sembrare. L'uguaglianza tra costo medio e prezzo nell'equilibrio marshalliano di lungo periodo è tale da spostare interamente l'accento dal comportamento dell'azien– da a quello dell'industria: il costo medio di cui si parla ha importanza proprio perché, essendo il costo medio di ogni azienda, è il costo medio dell'industria in generale. Ugualmente il costo medio che è fatto uguale 8 Business Cycles, voi. I, p. 45. Biblioteca Gino Bianco

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