Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
RITRATTO DI MACHIAVELLI 55 un'oligarchia o di una casata. Ora il «Principe>> di Machiavelli tutti quegli elementi che abbiamo enumerato deve per forza distruggerli prima per raggiungere il potere poi per mantenerlo. Ove veramente Machiavelli avesse inteso il principe in questo modo, egli avrebbe fatto a un dipresso lo stesso dei gesuiti e degli altri casuistici della Contro– riforma che mettevano alla. fine dei loro sistemi di prudenza sofistica e calcolatrice distruttori di og~i vera religiosità, proprio la gloria di Dio. Con in peggio questa differenza: che mentre gli uomini della Contro– riforma tentavano di restaurare un ordine invecchiato e sconfitto e però avevano la scusante di essere alla fine e non al principio di un lungo e irrevocabile processo storico, Machiavelli, a detta di tutti, è un antesi– gnano, .un precursore delle monarchie assolute, oltre che un patriotta fautore di un'Italia unita. Ora questo sarebbe per lo meno curioso: che Machiavelli il quale giudicava l'Italia del suo tempo il paese più cor– rotto del mondo e che nel <<Principe>> e in tante altre sue opere aveva dato una pittura indimenticabile di questa corruzione, poi, per redi– mere l'Italia, non trovasse di meglio che la borgesca figura del suo Prin– cipe, con quei mezzi che direttamente nascevano da quella corruzione. Per tutti questi motivi, ci rifiutiamo di credere che Machiavelli, altrove così acuto valutatore della buona e della cattiva politica, abbia inteso esp~icitamente scrivere il «Principe>> in funzione dell'ultimo capitolo. Ossia che lo stesso patriottismo e la stessa indignazione contro i bar– bari che innegabilmente anima l'ultimo capitolo, regga anche l'impal– catura degli altri venticinque. Noi crediamo in verità che l'ultimo capi– tolo sia effettivamente quello che vuol parere, un'esortazione a liberare e unificare l'Italia; e che tutto il resto del «Principe>> sia invece una specie di logico e conseguentissimo e crudele sfogo della passione mo– rale di Machiavelli; ma che lungi dall'esserci contraddizione, queste due parti così diverse nell'ispirazione e nella sostanza, siano tra loro legate da un vincolo soprattutto psicologico. Il vincolo, secondo noi, va ricercato nell'animo di Machiavelli. Ossia nella debolezza intrinseca dell'uomo, esausto, come abbiamo detto, per quanto riguarda i valori etici e tuttavia incapace di riconoscere questo esaurimento; riconoscimento che sarebbe stata una forza e che, in perso– naggi come il Valentino, doveva tradursi immediatamente in azione. A Machiavelli, con tutto il suo senso realistico, faceva in certo modo difet– to l'orgoglio della propria anormalità. Probabilmente, c'era in lui un re– siduo di coscienza cristiana che non gli permetteva, una volta formulate Biblioteca Gino Bianco
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