Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

RITRATTO DI MACHIAVELLI 51 così varie contraddizioni. Si giunge al Marchese di Sade che per amare aveva bisogno di simulare i gesti dell'odio più sanguinario. In tutt'altro ordine di idee, questo è anche il caso di Machiavelli. Uomo normale, ordinato, equilibrato, Machiavelli non avrebbe scritto il «Principe» bensì i « Ricordi civili ». Non avrebbe cercato di servire i Medici ma si sarebbe ritirato, contento, in campagna. La necessità di non affogare nell'apatia, nell'indifferenza, nella noia di una vita senza passioni né occupazioni, lo spinge a ferirsi a morte pur di sentirsi vivere; a servire pur di avere una funzione. Così da uno spasmodico desiderio di vita espresso in consapevole crudeltà nasce il «Principe», questo elogio del– l'autocrazia in bocca ad un repubblicano. Perciò, quello che non era riuscito a fare per la religione con fra Timoteo, per l'innocenza con Lucrezia, per l'amore con Callimaco, rie– sce finalmente a Machiavelli per la libertà con questo suo ultimo per– sonaggio, il <( Principe ». Gli è che mentre la corruzione di Timoteo, la rovina di Lucrezia, la libidine di Callimaco non incidevano su alcun suo ideale né contraddicevano ad alcuna sua aspirazione ed erano in tutto conformi a queJlo che egli riteneva fosse la realtà ovvia e giorna– liera, il «Principe», in ognuna delle sue azioni e dei suoi precetti, feri– sce e fa sanguinare quel po' di carne viva che gli è rimasta nella para– lisi di tutte le sue facoltà. C'è nel « Principe » tutta la tensione, il ri– gore, la crudeltà e la conseguenza strenua di un ragionamento che si raddoppia di sofferenza. Ma questa duplicità mal si accorda con l'equi– librio e la vera chiarezza e coerenza di un intelletto libero da ogni determinazione. È proprio di ogni voluttà, sia pure essa triste o crudele, di prnlun~arsi oltre i limiti ragionevoli e sani. A questa passione, che sì ritorce su se medesima per meglio sentirsi vivere noi dobbiamo quel tanto dì unilateralità, dì sproporzionatezza, di mostruosità, insomma, della presunta scienza politica del « Principe ». Chiamare scienza po– litica i precetti del « Principe » sarebbe come chiamare ars amandi i consigli non disinteressati del marchese De Sade. In ambedue i casi, un particolare dell'intera funzione viene eretto a legge e ciò per l'in– capacità in ambedue ì casi di sentirsi vivere contemperando l'attività preferita con tutte le altre che sono proprie allo spirito; per l'incapa– cità di amare o di fare la politica rispettando l'indipendenza e l'esisten– za di tutti gli altri valori. E non si vuol qui negare che scrivendo il «Principe» Machiavelli abbia avuto in mente di comporre un'opera puramente politica ossia dipingere, secondo i modelli forniti dalle grandi monarchie oltramon- Biblioteca Gino Bianco

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