Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
RITRATTO DI MACHIAVELLI 49 non ha più nulla da salvare, e la passione politica, in mancanza di inte– ressi appunto particolari, è la sua sola àncora di salvezza. Non essendo libero in sè stesso per corruttela o impoverimento, deve per forza far consistere la libertà in una sua illusoria partecipazione agli affari poli– tici. Insomma, così l'uomo di Guicciardini come quello di Machiavelli sono lontani da quell'ideale che sarebbe il contemperamento della vita privata con quella pubblica: il primo sacrifica al « particulare » ogni altro valore, il secondo alla politica. Ma il primo, almeno, come dice Voltaire alla fine di Candido, « coltiva il suo giardino». Ne deriva che per Machiavelli, così disseccato ed esaurito, così spento e traballante, la politica era molto più che una semplice occu– pazione e un dovere; molto più che uno svago intellettuale; era un puntello e una ragione di vita; un mezzo artificioso per sentirsi vivo moralmente. Questo disperato aggrapparsi dell'uomo alla vita politica, spenta ormai quella morale e religiosa, spiega anzitutto l'astrazione machiavellica, non nutrita da alcun profondo sentire etico; e poi la particoiare forma a cui Machiavelli dovette ricorrere per esprimerla. Si pensi: Machiavelli era un repubblicano, ancor più, Machiavelli, come lo dimostrano ad ogni passo i « Discorsi » ·e il « Principe » stesso, aveva un concetto molto chiaro, assolutamente fermo e irriducibile, di quel che fosse la libertà, dei vantaggi di essa, dei funesti effetti che po– tessero derivare da una soppressione della libertà. Ove questo non bastasse, la tortura a cui era stato sottoposto in occasione della congiura di Boscoli e Capponi doveva aver rinfocolato in lui, con argomenti fisici indimenticabili, questo suo convinto e ragionato apprezzamento del vivere libero. E tuttavia, è proprio questo stesso Machiavelli, estimatore della libertà e difensore del regime repubblicano, ad offrire i suoi ser– vizi ai Medici subito dopo il loro ritorno a Firenze e, da ultimo, a scri– vere il più perfetto trattato in favore dell'autocrazia che si conosca. Tutto questo sembra in sommo grado contraddittorio; ma si tratta, in realtà, di una contradJizione soltanto apparente. Nella più famosa delle sue lettere familiari, quella indirizzata a Francesco Vettori in data 10 dicembre 1515, Machiavelli fa una descri– zione molto vivace della sua vita in campagna. Questa lettera ci fa ve– dere Machiavelli che va a caccia, litiga con i borghigiani per poche cataste dì legna, se ne sta sulla strada a interrogare i passanti, gioca per ore a tric-trac con un mugnaio, un beccaio e due fornaciai. Venuta la sera Machiavelli si spoglia della veste quotidiana, piena di f~ngo Biblioteca Gino Bianco
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