Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
B 20 MARIO MOTTA contradditorio rispetto al suo stesso fondamento) come un antimarxi– smo che cerca di far posto, nel• suo seno, alle ragioni del marxismo (in modo altrettanto contradditorio). Si capisce bene perché dunque esso risulti malaccetto tanto al marxismo quanto all'antimarxismo con– seguenti, i quali hanno sempre avuto il torto però di indicare il suo errore nell'unico punto dove esso ha la sua verità: nel bisogno da cui nasce e che esprime di veder finalmente superata la loro antitesi. Non per ciò invece sbaglia il revisionismo, ma perché crede di poter superare quell'antitesi attraverso la composizione semplice e quindi la mortificazione e quindi la banalizzazione dei suoi termini; e perché insomma la sintesi che esso propone, fondata com'è sul mantenimento acritico delle ragioni formali profonde che quei termini inquadrano, è per principio falsa. A buon diritto dunque può dirsi che, non meno di quanto il revi– sionismo prova l'insufficienza delle posizioni che intende mediare, il perdurante contrasto fra queste posizioni prova il fallimento radicale del revisionismo. È lecito allora asserire che il problema del supera,. mento reale del marxismo e dall'antimarxismo si trova aperto: e chia– mo superamento reale quello che si ottiene non « togliendo e conservan– do» simpliciter l'antitesi, ma togliendo gli errori che sono insiti nei ter– mini dell'antitesi e conservando, in una sintesi nuova che consentirà anche di svilupparle, le loro verità. Nell'articolo già citato avevo detto sommariamente in che dire– zione bisognasse cercare secondo me la verità e l'errore del marxismo. La verità nella scoperta, implicita nella riduzione del prodotto a essere materialmente determinato, della possibilità di una conoscenza scientifica della storia. L'errore invece nel fatto che il marxismo non può concepire questa conoscenza scientifica, grazie al carattere asso– luto della suddetta riduzione, se non come portante sull'essenza del suo soggetto, se non come una conoscenza quindi di carattere filoso– fico; cadendo così in una serie di inconvenienti ineluttabili il primo dei quali è l'abolizione radicale del teoretico attraverso la sua conver– sione semplice nel pratico-politico 3 • 3 Mi riferisco qui alla verità e all'errore caratteristici del marxismo sul piano logico– gnoseologico. La verità e l'errore ontologici, che sono presupposti, risultano dalla defini– zione stessa del marxismo che ho data all'inizio. Dirò comunque, a scanso di equivoci, che essi sono risr,ettivamente, secondo me: 1) la scoperta della determinatezza materiale del prodotto storico, e 2) assolutizzazione di questa determinatezza materiale. Avverto inoltre che qui, come del resto in tutto il presente articolo, mi occupo e parlo della ,,. eca Gino Bianco
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