Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
184 DOCUMENTI lasciarsi immaginare. Più scrupolosamente lo si pone al di sopra dell'intelli– gibile e dell'essere, per assicurarsene meglio la trascendenza, e più inevita– bilmente si· arriva a, rappresentarselo come una specie di cosa la cui essenza, se così si può dire, consisterebbe nel non averne alcuna•. Ad ogni modo non si può isolare questo principio dall'essere per farne « una cosa», senza farne allo stesso istante << un'altra cosa» e, poiché si tratta necessariamente allora d'una cosa << diversa dall'essere», senza parlarne come d'un nulla. L'impossibilità di parlarne sparirebbe, forse, se si ponesse l'esistenza alla radice stessa dell'essere. Adottare questa soluzione del problema è cer– tamente riconoscere una volta di più la necessità di porre un altro dall'es– senza ma non necessariamente un altro dall'essere. Un altro dall'essenza è un altro dell'essere solo nelle ontologie che, come quelle di Platone, di Plotino e di Eriugena, cominciano con l'identificare l'intelligibile con l'es– senza e l'essenza stessa con l'essere. Non avviene così in una metafisica del– l'esistere; infatti, poiché l'essenza e l'esistenza entrano l'una e l'altra nella struttura dell'essere reale, e poiché il primato dell'esistenza sull'essenza si pone nell'essere, non lo si potrebbe intendere come un primato dell'esistenza sull'essere, ma in lui. Se non si dà essere senza essenza più di quanto non si dia essere senza esistenza, l 'esse.re rimane dunque il solo vero reale e la filoso– fia prima rimane dunque quello che non avrebbe mai dovuto cessare di essere dopo Aristotele, la scienza dell'essere in quanto essere e delle proprietà che gli appartengono in quanto tale. Ciò che si è invece modificato dopo A:-istotele è la nozione stessa del– l'essere. Aristotele sapeva gi?t che ciò che al sommo grado merita la quali– fica di essere non deve venire inteso come una cosa o un'essenza, ma come un atto; senonché egli aveva identificato l'atto supremo con quello del pensie– ro puro e l'essere assoluto con la vita beata di un pensiero che contempla eter– namente se stesso. Non vi è nulla di più caratteristico nella sua posizione di questa divinizzazione del pensiero e di questa beatificazione della cono– scenza oggettiva. Forse non si misura sempre correttamente l'immensa por– tata della rivoluzione intellettuale avvenuta quando il supremo atto d'essere fu concepito come l'atto assoluto d'esistere. Il Pensiero contiene certamente una volta per tutte la totalità del conoscibile e la minima ombra di novità l'intaccherebbe d'una imperfezione mortale per la sua essenza; l'Esistere, .mch'esso, è tutto in modo eminente, e lo è una volta per tutte, ma è atto di un'infinità di essenze finite e potenza sempre libera di moltiplicarne a sua volta, le esistenze. E ancora, se si suppone che la sua libertà crei talune di queste esistenze, gli esseri che ne risulteranno saranno tutt'altra cosa BibliotecaGino Bianco
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