Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

136 LETTURE dello spirito e della volontà, della concentra:z;ione, dello straniamento coscien– te dalle cose e da se stessi. Ogni « razionalismo » come ogni morale del- 1' « autoliberazione », dell'« autogiudizio », dell'« autoperfezione », è diretta in questo senso. L'altra è la•via della distension.e dello spirito e ddla volontà, dell'espansione e della recisione progressiva di quei fili che anche in posi– zione rilenta e inattiva del mondo, legano automaticamente Dio, gli uo– mini e le altre creature al proprio organismo e al proprio io - la via delle nozze con le cose e con Dio. Chi percorre la prima di queste vie teme la. seconda. Costui diffida del senso e dell'andamento del mondo, diffida del senso e dell'andamento della propria anima e confida unicamente in se stesso e nella sua volontà. Il suo ideale di perfezione è l'avere in mano sé e il mondo. Chi segue la seconda via. teme altrettanto la prima. Quest'al– tro, che parte dalla fiducia infinita nell'essere e nella radice da cui tutte le cose sbocciano, sente come pazzia la pretesa di volere prima « organiz– zare » un discutibile mondo. Mentre egli si sente profondamente parte dd mondo e pieno di patriottismo per questo mondo, il pensiero che la parte debba fare di questo tutto - da cui la parte stessa è contenuta e compresa - qualcosa di migliore del tutto stesso, non gli può apparire che assurdo. Que– sto non vuol dire che egli non veda e senta meno ciò che si chiamano « le debolezze», « il male», «l'insensato» del mondo. Al contrario, solo l'aman– te soffre veramente dei mali e delle debolezze dell'amato. L'altro, innanzi ai mali tende piuttosto a rallegrarsi, poiché essi gli fanno sentire quanto migliore egli sia, e gli offrono l'occasione di « fare qualcosa». Ma la radice di questo male, il secondo, non la cerca nell'essere, nell'essenza e nella ra– dice del mondo, bensì nella. sua falsa interessenza, nell'affanno dei suoi sensi, nei tono dei suoi muscoli carnali e spirituali, cioè nella sua « attenzione » che impoverisce il mondo. La cerca nella troppo forte tensione aUa vita, nella sua, prima, poi anche nell'altrui. A lui importa di eliminare questa: tensione, la naturale « superbia », il naturale accentramento del mondo e dei valori in se stesso, nella propria organizzazione, anzi nell'organizza– zione d'ogni specie e sottospecie e in ogni comunità particolare, per potere così penetrare fino al mon.do in sé, e alle sue radici - in cui egli sa segre– tamente la perfezione. A lui importa di rimuovere gli ostacoli che gli celano l'essere pieno e la luce delle cose. Mentre egli audacemente si lascia andare, mentre redde la gomena con cui il mondo s'era ancorato nel suo io, egli non teme come l'altro di cadere preda delle onde tempestose, ma con la nuova vita che sugge dalle radici stesse delle cose sa di essere e di potere vivere illeso anche nella forza del mare cui s'abbandona. · BibliotecaGino Bianco

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