Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
134 LETTURE vamente sprofonda." Non s'accorge che l'abisso cui sempre affissa lo sguardo, proprio per quel suo fissarlo continuo, per sembrar alto a se stesso, lenta– mente lo attira. E così l'angelo lentamente «cade» attirato dalla linea del suo sguardo. Ora, questo suo sguardo è giustificato finché si tratta di beni e di valori tangibili, di uffici, di aignità e finché il suo comportamento si esaurisce in una relazione sociale. Tale comportamento è allora solo alte– rigia che non esclude l'umiltà dell'essere. Così i signori e ·cavalieri del primo Medioevo, così i più grandi Papi erano contemporaneamente altezzosi ed umili aì massimo grado. Questa mescolanza è una caratteristica dell'atteg– giamento virtuoso di quel tempo. Solo una cosa l'umiltà esclude: la superbia dell'essere in sé, la superbia che ha di mira la sostanza del proprio valore! Questa sola è la cosa di-abolica che porta all'inferno. L'umiltà invece è lai virtù che mentre fa abbassare e sprofondare l'umile più e sempre più in– nanzi a se stesso e, attraverso sé, innanzi a tutte le cose, lo introduce diret– tamente in paradiso. Poiché l'umiltà non è altro che lo sguardo risoluto su quelle linee del nostro io che sembrano guidarlo verso l'ideale della sua essenza indi'Viduale, ed il cui punto d'incontro giace nell'invisibile, in Dio. L'umiltà è un continuo contemplarsi « in Dio» e « per mezzo dell'occhio di Dio»; un verace « procedere sotto l'occhio del Signore». Le grandi <lame di Provenza che reggevano le corti d'amore avevano posto fra i loro articoli anche la seguente proposizione: cc L'immagine dell'amato è sem– pre presente». Non è necessario «pensarla», e neppure cc ricordare ». Al contrario bisogna volontariamente distrarsene perché essa, sempre presente e attiva, si oscuri un poco. Allo stesso modo chi è veracemente umile ha sempre presente l'« immagine» dell'amore divino che su lui si dirige, im– magine che la sua propria individualità gli riproduce e quasi rispecchia ad ogni momento. Come potrebbe costui in ognuno dei suoi momenti em– pirici di vita sentirsi altro, dinanzi allo splendore e alla grandezza di quella immagine, che oscuro e piccolo? Mai mentre egli sprofonda sempre più nella sfera della propria coscienza, penetrando in questa immagine divina, e mentre si vede abbassato, la bella immagine lo eleva- di fatto a Dio, ed egli s'innalza pianamente nella sostanza del suo essere, su verso il cielo. L'umiltà è un modus dell'amore che unico può, con potenza solare, spez– zare il rigido ghiaccio che la dolorosa superbia forma intorno all'io sem– pre più vuoto. Nessuna maggiore beatitudine che quando l'amore introduce pianamente come per incanto l'umiltà nei cuori superbi, e li fa aprire ed espandersi. L'uomo più superbo, la donna più superba diventano un poco umili e servizievoli verso tutte le cose quando amano. Appunto come la fio- BibliotecaGino Bianco
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