Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
124 LETTURE 6 Le critiche scettiche sul valore della certezza morale, come dei ragiona– menti concernenti l'esperienza, sono o popolari o filosofiche. Le obbiezioni popolari son dedotte dalla naturale debolezza del nostro intelletto, dal con– traddirsi delle opinioni, secondo i tempi e i paesi, dal variare dei nostri giu– dizi secondo che siamo sani o ammalati, giovani o vecchi, fortunati o in– felici; dalle continue contraddizioni, di pensiero o di sentimento in ciascun individuo, e da mille altri argomenti del genere. Non importa soffermarci oltre su questo punto: sono obbiezioni piuttosto deboli. Infatti, siccome nella vita pratica noi ragioniamo sempre di fatti e cose esistenti, e noi stessii non potremmo sussistere senza adoperare continuamente questo modo empi– rico di ragionare, ogni obbiezione popolare dedotta da esso non ne può distruggere l'evidenza. Il grande avversario del pirronismo, ossia dello scetti– cismo radicale, è l'azione, il fare pratico, l'attività della vita comune. I prin– c1p11scett1c1posson fiorire e trionfare nell'ambiente colto, dove, invero, è difficile, per non dire impossibile, confutarli; ma non appena vengono al– l'aria libera, e, di fronte alla realtà dei fatti che muovono le nostre passioni e i: nostri affetti, vengono a cozzare coi principii più urgenti della nostra natura, svaniscono come il fumo e lasciano anche gli scettici più ferrati nella medesima condizione d'ogni altro mortale. Meglio è dunque che lo scettico si tenga nella sua sfera, svolgendo quelle obbiezioni di natura filosofica che nascono dalla ricerca più critica. Qui ha ampio campo di trionfo, insistendo giustamente su questo punto: che la. nostra certezza sui, contenuti dell'esperienza per ciò che trascende i sensi e i ricordi dipende tutta dal rapporto di causa ed effetto; che noi non abbiamo altra idea di questo rapporto se non quella: d'una frequente contiguità fra. due oggetti; che non abbiamo una vera ragione di credere che questi og– getti, per essere stati più volte uniti 1 nella nostra esperienza, lo debbano esser ugualmente in nuove esperienze e nello stesso modo; e infine che nulla ci spinge a questa illazione fuorché l'abitudine o un certo istinto, al quale in– vero è difficile resistere, ma che, come ogni 1 istinto, può esser fallace e illu– sorio. Quarido lo scettico insiste su queste istanze, egli mostra la sua forza, o per meglio dire la sua e nostra debolezza; e sembra distruggere, per qual– che tempo, ogni sicurezza nelle nostre convinzioni. Queste critiche si potrebbero sviluppare a lungo, se se ne potessero at– tendere risultati benefici ed utili in qualche modo alla società. Ecco infatti BibliotecaGino Bianco
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