Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

LETTURE 119 quali possiamo sperare di raggiungere una verità e conquistare una certezza stabile utile per le nostre determinar.lioni. 2 C'è un'altra forma di scetticismo, che, invece, viene dopo l'indagine scientifica, cioè quando si pensa che le nostre facoltà mentali ci. abbian del tutto ingannato, o che sian incapaci a raggiungere qualche conclusione stabile in tutti quei! problemi speculativi sui quali comunemente esse si ado– perano. Perfino la, realtà delle nostre sensazioni è messa in dubbio da una certa filosofia, e le norme della vita comune vengon sottoposte agli stessi dubbi dei più arcani principii metafisici e teologici. Siccome queste dottrine paradossali, se dottrine si posson chiamare, sono ostensibili in molti filosofi, come in parecchi altri la loro confutazione, sorge naturalmente la· curiosità <li chiedersi su quali argomenti si possan fondare. Non è il caso d'insi'Stere sulle istanze più trite, portate dagli scettid in, ogni. tempo, contro l'evidenza del senso: come la prova tratta dall'imperfe– zione e fallacia dei nostri organi in mille casi-, il bastone che appare storto immerso nell'acqua, il variare della grandezza dello stesso oggetto variando la distanza, la doppia, immagine che sorge se premiamo uno degli occhi, e tante altre illusioni dello stesso genere. In verità, queste istanze scettiche valgono soltanto a provare che i sensi da soli non implicano che se ne debba dipendere, ma che bisogna correggere il dato sensibile con la ragione, con– siderando la natura del mezzo, la distanza dell'oggetto, la disposizione del– l'organo; per renderli, nel.la loro sfera, giusti criterii di vero e falso. Ma vii sono altri argomenti più profondi contro il sensismo che non permettono una soluzione altrettanto facile. Sembra evidente che gli uomini sono spinti da un istinto o predisposi– zione naturale a prestar fede ai loro sensi; e che, senza un ragionamento, o almeno prima dell'uso della ragione, noi supponiamo un universo esterno e indipendente dalla nostra percezione, che esisterebbe anche se non d fosse o fosse annientata ogni creatura sensibile. Anche gli animali si rego– lano secondo lo stesso realismo, e 01mostrano la loro fede negli oggetti esterni in ogni atteggiamento, intenzione ed azione. Sembra cioè evidente che, quando gli uomini seguono questo cieco e incrollabile istinto della natura, suppongono sempre che le pure immagini presenti ai sensi siano i reali oggetti esterni, e non sospettano mai che non . BibliotecaGino Bianco

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