Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

FELICE BALBO la filosofia veramente dominante e determinante della vita e dell'ul– teriore conoscenza è, in qualche sua forma, l'empirismo praticistico. Di fronte a questa le altre posizioni filosofiche eventualmente professate da chi è in quell',meggiamento si riveleranno allora affer– mazioni importanti quanto si vuole e non senza conseguenze per il filosofante e per gli altri ma non modificanti sostanzialmente l'iden– tità profonda della ~ua filosofia. La quale rimarrà quella ontologica– mente implicita nell'atteggiamento. Non potrà evitarsi allora un vizio retorico ed una radice eclettica: perché qualsivoglia sia la posizione filosofica professata essa risulterà estrinseca e perciò già battuta da quella implicita e parzialmente ignorata, ma che determina la vita reale del pensante. Cosa importa alla fin fine che qualcuno si dichia– ri esistenzialista o tomista, marxista e kantiano o crociano quando pro– prio nel momento in cui esce dai libri o dalle accumulazioni mnemo– niche della sua cultura per giudicare della sua famiglia o del suo pae– se o del suo partito o della sua chiesa o del suo destino personale o della sua professione o <lei senso della vita o della sua stessa filosofia, in una parola della realtà, il giudizio emesso è di fatto condizionato dal considerare dominante e decisiva la quantità sensibile dei fatti piuttosto che il loro valore? Costui non sarà propriamente esisten– zialista, tomista o marxista, ma empirista, pragmatista, ecc. Inelutta– bilmente. Non varranno proteste o richiami alla libertà dello spmto. Certo la libertà è possibile, ma non ve n'è in, realtà che una sola: quella di mettere d'accordo i propri giudizi storici con la propria filosofia e mutare o l'una o gli altri. Non facendo questo una metà di noi stessi vivrà nell'illusione, nella mistificazione e, alla fine, ognuno di noi dovrà accettare le conseguenze ineluttabili della contraddizione reale tra il suo pensiero e il suo essere: ottenere qualcosa di diverso o di contrario da ciò che si pensa e pensare qualcosa di diverso e di contrario a ciò che si vuole. L'eterogenesi dei fini. E questo non basta: qualunque cosa si possa credere in contrario, presto o tardi chiunque_ si trovi nell'atteggiamento empirista descritto e non rompa la necessità storico-teoretica del suo modo di rapporto empiristico con la storia mediante una riflessione filosofica storicamen– te sufficiente a trascendere la situazione nel suo complesso (così da riuscire ad armonizzare pensiero ed essere) finirà per venire dominato e guidato - inavvertitamente magari ma tanto più deterministica- BibliotecaGino Bianco

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