Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
LETTURE 93 dire, affermantesi come rifrazione umana verso altre varianti che hanno indubbiamente uguali diritti e possono sostenersi soltanto con una certa :autorità esteriore sotto la protezione di uno Stato integro. La tremenda no– vità d'una decisiva sconfitta militare è la sopraffazione di questa idea, la sua confutazione fisica da parte d'una ideologia straniera legata sopra tutto .al linguaggio, la piena dedizione a questa ideologia dalla quale, appunto perché straniera, non può evidentemente derivar alcun bene per la nostra natura. L'altra volta furono i francesi sconfitti a fare questa esperienza orribile allorché i loro rappresentanti, per ottenere che il vincitore miti– gasse le condizioni, diedero molto peso alla gloire che le nostre truppe .acquistavano entrando in Parigi, mentre lo statista tedesco replicò che la parola gloire o un suo equivalente non esiste nel nostro vocabolario. Di ciò si parlò alla Camera francese nel 1870, in tono impaurito e sommesso. Tutti cercavano angosciosamente di capire che cosa significasse essere in balìa d'un avversario la cui mentalità non conosce la gioire ... Ci ho ripensato spesso, quando il gergo giacobino della virtù puritana, che per quattro anni aveva già fatto le spese della propaganda bellica per i consenzienti, era diventato il linguaggio della vittoria. Trovai anche con– fermato il fatto che da una capitolazione non ci vuol molto per arrivare alla pura abdicazione e alla proposta che il vincitore voglia cortesemente assu– mersi da solo, secondo la sua propria idea, l'amministrazione del paese sconfitto, dato che questi non sa più che pesci pigliare. La Francia aveva già conosciuto siffatti sentimenti quarantotto anni prima, e ora ne sape– vamo qualche cosa anche noi. Ma essi vengono respinti. Lo sconfitto è tenuto a cavarsela in qualche modo da sé, mentre le dande esterne hanno soltanto lo scopo di evitare che la rivoluzione, la quale empie il vuoto la– sciato d·alla scomparsa della vecchia autorità, non dilaghi a tali estremi da mettere in pericolo l'ordine borghese presso i vincitori. Così nell'anno 1918 il mantenimento del blocco anche dopo la resa alle Potenze occidentali servì a controllare la rivoluzione tedesca, a contenerla sul binario borghese e democratico e a prevenire che degenerasse sul tipo della Russia proletaria. Il vittorioso imperialismo borghese fece quindi di tutto per avvertire che bisognava guardarsi dall'« anarchia»; rifiutare ogni trattativa coi Consigli dei lavoratori e dei soldati e con simili corporazioni, e assicurare che si sarebbe fatta la pace soltanto con una Germania ordinata e solo una Ger– mania così fatta avrebbe ricevuto da mangiare. Il nostro governo - o par– venza di governo - seguì infatti questa direttiva paterna, stette con l'As– semblea nazionale contro ·1a dittatura proletaria e respinse obbediente le BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy