Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
92 LETTURE notizia della presa di Perugia che, detto tra noi, sta a mezza strada fra Roma e Firenze. Si vocifera anche del piano strategico di sgomberare la penisola italiana, forse per aver truppe libere ad alimentare le difese orien– tali indebolite; dove però i nostri soldati non desiderano di essere mandati a ,nessun costo. Si sta avvicinando da quella parte un'ondata che è passata sopra Vitebsk e minaccia ora Minsk, la capitale della Russia Bianca, caduta la quale - si va sussurrando - bisognerebbe cedere anche in Oriente. Cedere! Anima mia, non soffermarti su questo pensiero! Non calcolare ancora che cosa significherebbe se, nel nostro caso estremo e terribile, si spezzassero gli argini, come sono appunto in procinto <li spezzarsi, e non si potesse più frenare quell'odio immenso che abbiamo saputo suscitare con– tro di noi fra tutti i popoli che ci circondano. È vero che con la distruzione aerea delle nostre città anche la Germania è diventata da molto tempo un teatro della guerra; ma il pensiero che lo possa diventare nel senso vero e proprio è per noi inconcepibile e inammissibile, mentre la nostra propagan– da ha una strana maniera di ammonire il nemico a guardarsi dall'offendere il nostro territorio, il sacro suolo tedesco, quasi ciò fosse un orribile mi– sfatto ... Il sacro suolo tedesco? Come ci fosse ancora qualche cosa di sacro; come se un numero infinito di ingiustizie non lo avesse tutto profanato ed esposto non solo moralmente, ma di fatto, alla violenza e al castigo. Av– venga pure! Null'altro ci rimane da sperare, da volere, da desiderare. La richiesta di pace con gli anglosassoni, l'offerta di condurre da soli la lotta contro la marea sarmatica, il postulato di desistere dall'imposizione della resa incondizionata, vale a dire di venire a trattative - ma con chi? - non sono altro che l'assurda pretesa di minacciare, il desiderio di un regime che non vuol capire e, a quanto pare, non capisce, di essere condannato e di dover scomparire con la maledizione di aver reso insopportabili a1 mondo noi tedeschi, la Germania, il Reich e, dirò di più, tutto ciò che vi è di tedesco sulla faccia della terra ... Ecco lo sfondo della mia attività biografica in questo momento. Credo, di doverne tracciare uno schizzo per il lettore. Pensando a caratterizzare lo sfondo del racconto nell'epoca alla quale sono arrivato, ho usato al princi– pio di questo capitolo le parole « nelle mani dello straniero ». « È spaven– tevole cadere nelle mani degli stranieri »: queste parole e la loro amara ve– rità furono oggetto del mio pensiero e della mia sofferenza nei giorni def crollo e della resa. Come tedesco infatti, nonostante il colore universalistico che mi viene dalla tradizione cattolica, ho vivo il sentimento della pecu– liarità nazionale, della vita propria del mio paese, della sua idea, per così BibliotecaGino Bianco
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