Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

84 LETTURE Il problema tedesco è dunque il problema stesso dell'autocritica com• pleta della civiltà europea, di cui gli errori e i delitti tedeschi sono una parte e una conseguenza logicamente e storicamente inevitabile. Autocritica comune, poiché ciascun popolo e ciascuna cultura ha le sue responsabilità e le sue insufficienze; né il fatto che presso una cultura ed un popolo re• sponsabilità e insufficienze siano giunti ali'orrore e al delitto può spingere a velare ipocritamente le proprie, o può soprattutto consentire la viltà di non voler riconoscere che tutto discende per forza da responsabilità e da insuf– ficienze comuni. Si legga ad esempio, del resto, la vecchia analisi di Federico Engels sulla guerra contadina in Germania, ossia sulle radici storiche del problema tedesco. Come non accorgersi che tanto l'impotenza di Lutero ad affron– tare e persino a comprendere il problema contadino quanto l'anarchismo disperato e distruttore delle plebi rurali di Munzer e dei suoi compagni sono l'espressione chiara dell'incapacità della rivoluzione protestante, e quindi del nucleo essenziale della cultura moderna (e non solo tedesca) a superare sul serio le insufficienze cc dell'umanesimo cristiano»? Come non accorgersi inoltre che proprio da quel momento diveniva inevitabile il tentativo dispe– rato, di cui si sta oggi morendo, di superare gli errori precedenti per antitesi semplice, per mera contrapposizione dialettica, rovesciandoli senza eliminar/i, e negando indiscriminatamente tutto il passato nell'illusione di uscire così dal/'er1'ore? Tutte le manifestazioni della cultura europea, di questa antichissima cultura in cui fino ad oggi non si sono verificate essenziali soluzioni di continuità, sono dunque legate a una origine e perciò a un avvenire comuni. Ma questa cultura è giunta ad un bivio. Oggi essa deve trovare la capacità di rivolgere a se medesima l'angosciato ammonimento che Thomas Mann ha avuto il coraggio di rivolgere alla cultura tedesca: cc Se è vero il ,pro– verbio tedesco che ogni via verso un buon fine è buona in ciascuno dei suoi tratti, bisogna confessare che la via verso questa perdizione ( e uso questa parola nel suo più rigido significato religioso) era senza salvezza dovunque, in ognuno dei suoi tratti e delle sue svolte, per quanto l'amore senta l'ama– rezza di accettare questa logica ». Altrimenti la fine diviene inevitabile. È stato proprio l'orrore di questa fine del resto che ha dato a T homas Mann il coraggio per l'ammonimento. << Tutto precipita verso la fine; il mondo è sotto il segno della fine, lo è almeno per noi tedeschi, la cui sto– ria millenaria, confutata, portata all'assurdo, sciaguratamente sbagliata, di– mostrata erronea da questi risultati, sfocia nel nulla, nella disperazione, in tm fallimento senza pari, in una rotta infernale attorniata da fiamme dan– zanti e tonanti ». Ma la fine di un popolo; l'essere stati costretti ad assistere a questa fine senza poter fare altro che accelerarla sia pure per difendere quanto ancora poteva essere difeso e sia pure nella speranza di una comune ripresa,· l'es– sere oggi, sopratutto, incapaci di far riprendere ad un popolo la sua storia; BibliotecaGino Bianco

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