Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
LETTURE 83 solo nella cultura missionaria, troppo spesso non scritta, che qualcuno, di– sperato di vedere la propria chiesa restare irriducibilmente straniera in mezzo a un popolo distrutto dai suoi compatrioti, ha incominciato a comprendere o almeno a intravedere che la civiltà di una nazione non può non affievo– lirsi e morire quando provoca o semplicemente permette l'arresto violento e la distruzione della civiltà di un altro popolo, sia pure per imporgliene di superiori. Ma quanto la cultura ancora non comprende, non per questo è meno reale. È proprio il principio che abbiamo sopra fissato, pertanto, quello che ha giocato fino ad oggi come legge inesorabile nella storia dell'uomo. E, mentre la cultura europea si è come tenacemente difesa dal riconoscerlo, quasi presentendo che da quel punto avrebbe dovuto prendere inizio la sua definitiva autocritica, al popolo tedesco è toccato questo destino storico: di farlo divenire problema europeo, di aprire in mezzo a noi uno squarcio che la nostra cultura e la nostra intelligenza non riescono ancora a colmare, di fare assidere al centro del nostro civilissimo mondo una sorte che si cre– deva essere il retaggio necessario di civiltà inferi ori. Abbiamo detto il destino storico: e non crediamo che si possa usare una espressione diversa se si vogliono attribuire a ciascuno, ivi compreso il popolo tedesco, le sue proprie e specifiche responsabilità. Poiché, se è un fatto che questo popolo, da quando esiste, ha sempre significato la irrequietudine e il sot1t1ertimento della civiltà europea, se è un fatto che esso ha potuto convivere- solo negandosi o i"ntorpidendosi, mentre si è sentito pienamente vivere solo, periodicamente, distruggendo; se è un fatto infine, come dice Thomas Mann, che « nelle più possenti figure del ger– manesimo » alberga « una mentalità e una valutazione del mondo » che « l'uomo dell'umanesimo cristiano» non può considerare senza timore; esi– stono innegabilmente altri fatti, a puntuale pareggio della bilancia, che non vanno dimenticati. La nostra cultura infatti, se si fonda essenzialmente sul!'« umanesimo cristiano», reca nelle sue vene non soltanto la tremenda forza negativa delle « più possenti figure del ge-;manesimo » ma anche il loro sangue, e di que– sto sangue non può fare a meno. Oggi, pertanto, divenute silenziose le voci con cui i popoli europei hanno accompagnato i loro necessari sforzi di difesa contro la periodica ribellione tedesca, contro i ripetuti e sempre più folli tentativi di questo popolo di rimontare per semplice antitesi il suo destino storico, diviene impossibile negare che è esistita una provocazione europea, o meglio una ingiustizia comune che è al fondo della nostra co– mune - europea - « valutazione del mondo». Oggi insomma diviene impossibile negare che esiste una radicale insufficienza di comprensione e di cultura, e quindi di direzione politica e di amministrazione sociale, della quale il popolo tedesco è stato ed è da tempo immemorabile il gigantesco e possente Christus patiens, per divenirne poi il riluttante capro di espia– zione e infine il demoniaco, e perciò sterile e inaccettabile, vendicatore. BibliotecaGino Bianco
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