Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

DISCUSSIONI l'aver più chiarezza in testa e il senso di essere sempre più al proprio posto tra gli uomini, tra le cose, nella storia. Ora io credo che questa sia la conquista dell'uomo moderno (o meglio: a cui l'uomo moderno deve tendere): aver perso il mito d'un «paradiso>>' teleologico (metafisico o terreno) come vera patria dell'uomo, e ritrovare questa patria umana nel cuore delle proprie opere e dei propri giorni, in un rapporto dialettico difficilissimo da raggiungere e da mantenere tra sé– e tutto il resto. Questo è possibile solo a c~i ha delle idee ben chiare sulla direzione nella quale deve muoversi, a chi sa - sempre meglio - quello che vuole, quello che si deve volere; ma più dei successivi punti d'arrivo conta vedere il mondo trasformarsi per quel tanto che ognuno fa, che ognu– no s'inserisce nel processo per trasformarlo. Per questo il socialismo è uscito dall' «utopia» (dal «paradiso») quando ha cominciato a essere «scienza>>' e quindi «pratica»; per questo il comunista lotta anche se sa che i risultati dei suoi sacrifici sar~nno goduti solo dalle generazioni future; per questo– non si può immaginare un marxista «contemplativo» (ahi, che autocritica per quel pigro che tu credi io sia!). Il «paradiso» da raggiungere (con gli angioletti oppure l'albero delle· salcicce: fa lo stesso), è il modo sbagliato di porre il problema dell'uomo· che non si sente in mano le chiavi del proprio inserimento nel mondo: in– vece di cercare queste chiavi, di imparare a usarle, si vagheggia (o ci si" pone come «mito» d'azione, sprecando anni e fatica) un mondo senza ser– rature, un non-mondo, una non-storia, uno « stato umano assoluto». Lad-· dove il problema è proprio quello di prender coscienza del proprio esser re– lativo, e imparare a esserne padrone, a - con questo relativo - saperci fare. Da quando ho riflettuto su questo, m'accorgo che ho preso a classificare– figure storiche, scrittori, movimenti culturali, in « paradisiaci » e no. Come– succede in queste giustapposizioni « a trovata» (che hanno anch'esse una lo– ro utilità «ausiliaria», basta non fermarcisi troppo) i conti tornano sempre: « paradisiaci » son tutti quelli di cui sistematicamente diffido, « non-para-· disiaci » quelli da cui credo d'aver colto qualche insegnamento sostanziale.. Quanti «paradisi», per esempio, nell'ultima letteratura! Cosa più « pa-· radisiaco » del surrealismo? e della psicanalisi? e dell'irresponsabilità gidia– na? Ma ancor più significativo mi sembra il fatto che il più agognato mito– della letteratura moderna è un paradiso all'indietro: la memoria. E che dire· del gelido paradiso degli ermetici: l'assenza? Dietro a tutto questo c'è sempre il romanticismo, gran fiume d'incon-· tinenze paradisiache. E dietro ancora, Rousseau, inventore d'uno dei piÙt iblioteca Gino Bianco

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