Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

DISCUSSIONI 75 tempo ha della ricerca filosofica medesima, in atto, direttamente e conse– guentemente esercitata. Che questa ricerca poi debba sforzarsi di esser tale da condurre a un pensiero « unitario e organico» mi sembra innegabile; se con questi agget– tivi almeno intendiamo significare non tanto dei caratteri estrinseci e mate– riali - il sistema « complesso e architettato » - quanto piuttosto gli attri: buti necessari di un pensiero non sofistico, non eclettico, non parziale, retta– mente costruito insomma intorno a una ragione formale che consenta m modo pieno e continuo la comprensione e il giudizio dell'intera realtà. Non vedo d'altronde perché si dovrebbe dubitarne. E neanche vedo perché si dovrebbe dubitare che sia proprio una filosofia del genere quella <lestinata a corrispondere ~lla società « unitaria e organica » di cui il mondo contemporaneo ha così disperatamente bisogno 1 • Se impieghiamo infatti questi aggettivi, anche qui, non in un senso puramente estrinseco, ma piut– tosto per significare una società non divisa, non contradditoria, metodica– mente capace di progresso e insomma strutturalmente in grado di consen– tire e di promuovere la soddisfazione di tutti i bisogni umani, la questione mi sembra quasi ovvia. E per conto mio anzi direi di più: che tra quella filosofia e questa società esiste non soltanto una mera corrispondenza ma un rapporto tale che, fino a quando non ci sarà la prima, della seconda, come di una realtà specificamente formata cioè totalmente m atto, non avrà neppure senso parlare. Anche senza ammettere una simile conclusione, tuttavia, mi pare che non si possano chiudere gli occl;ii su ciò, che mirare a una filosofia « uni– taria e organica n nel senso che ho detto non significa in ultima analisi 1 Carocci avanza questo specifico dubbio p_erché non crede affatto, Jn generale, che la configurazione dell'ordine pratico-politico debba per forza corrispondere a quella del– l'ordine teoretico. Eppure non riesco a trovare un solo esempio che dimostri la possi– bilità di una tale schizofrenia storica. A questo proposito anche l'esempio di Roma, di cui Carocci afferma che « diede al mondo, contrariamente alla greca, un'organizzazione unitaria e organica, pur mancando del tutto di una filosofia unitaria e organica come quella greca di Aristotele >>, non mi sembra che sia valido. Innanzitutto perché per quel tanto che Roma diede al mondo un'organizzazione unitaria e organica la diede col suo diritto, attraverso il quale essa consumò più filosofia greca di Aristotele di quanta non ne avesse mai· consumata la Grecia medesima. In secondo luogo poi peréhé ritengo che solo al di fuori di ogni reale proprietà si possa chiamare senza riserve unitaria e orga– nica una società, come quella romana, fondata sulla schiavitù, e cosl costituzionalmente incapace di risolvere i suoi più grandi problemi (i barbari, il Cristianesimo) da esser condannata in partenza a soccombere sotto il loro peso. La possibilità poi di un mondo al quale addirittura non corrisponda alcuna filosofia, mi sembra che non vada neppure presa in considerazione. È un puro modo di dire, per es., che l'America, come scrive Carocci, sia senza filosofia: di fatto la filosofia dominante americana è una filosofia europea, per giunta tutt'altro che nuova: l'empirismo. BibliotecaGino Bianco

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