Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

DISCUSSIONI 69 REALTÀ DELLA CULTURA REPLICA A GIAMPIERO CAROCCI Sono grato a Carocci di avere estrinsecato i suoi dubbi sull'« impor– tan"za del fattore ideologico» con tanta franchezza. Rispetto all'articolo che li ha mossi, veramente, mi sembra che questi dubbi si collochino al di là, o, se si vuole, al di qua: sono infatti una specie di prolegomeni, per così dire, non tanto al mio particolare discorso quanto piuttosto a ogni discorso teoretico oggi possibile (che voglia presentarsi come utile). Proprio per ciò d'altra parte essi meritano un attento esame. Rinuncio quindi a qualsiasi precisazione in merito al pensiero da me espresso in quell'articolo e vengo direttamente al nodo deila questione. I Ho detto sopra che Carocci avanza dei dubbi. Credo che sia giusto dire così. Carocci infatti dubita, non nega; e anzi definisce addirittura positiva, in principio, la fiducia nel fattore ideologico (io preferirei dire nella cultura o, più esattamente ancora, nella conoscenza). Solo egli aggiunge - questa fiducia presenta anche degli inconvenienti. Non sono d'accordo sugli inconvenienti. E non sono d'accordo neppure sulle ragioni per cui Carocci definisce positiva la fiducia nella conoscenza. Quali sono queste ragioni? Perché c'è in essa - egli dice - della genero– sità. Secondo me il problema non va posto in questi termini. La fiducia nella conoscenza, in sé e_ per sé, non contiene più generosità di quanta non ne contenga la fiducia in qualsiasi altra cosa: nella forza degli eventi per e.s. o, come anche si suol dire, nella storia. Non è quindi dai connotati psicologici o morali dell'atteggiamento che rivela che ~i può giudicare il suo effettuale valore positivo, posto che ne esista uno, ma dalla giustezza o meno della convinzione razionale su cui si fonda. Il problema autentico 1dunque è: se veramente la conoscenza vada considerata «importante» e vada considerata « importante », si capisce, non solo ai fini della contempla– zione ma anche ai fini pratici. Ovvero: quale sia il posto proprio della conoscenza rispetto all'azione. lo penso che senza conoscenza, cioè senza impiego della ragione, senza BibliotecaGino Bianco

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