Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
NOTE 57 ria, a mantenere il passato nel presente: con il danno che ognuno vede per la filosofia, per la storia, per la vita degli uomini. So bene che il problema non è facile, che è oggi di una gravità mai vista e che non si tratta solo di buona volontà. Ma appunto perché tali difficoltà esistono sarebbe ora che chi ha raggiunto la difficile e preziosa for– mazione dell'abito filosofico sviluppando qualità naturali alla metafisica che non sono di tutti, impiegasse questo capitale e queste qualità a ragionare sugli indefiniti e gravi problemi che pesano oggi sugli uomini e si ponesse quindi in primo luogo il compito di adeguare materialmente il sistema al– l'intero processo storico. Riflettendo oltre tutto al fatto che il pensiero spe– cializzato costa fatica e lavoro non solo a chi risolve i problemi della filo– sofia ma a tutti gli altri uomini della società in cui si trova, quando non costi addirittura sangue. E anche se oggi la legge non li sancisce, ha dunque <lei doveri inderogabili verso la società. Non assolvendo i quali si separa non solo moralmente ma anche teoreticamente dalla società. Quando poi si è giunti nella catastrofica situazione odierna la stufa di Cartesio è veramente la cosa meno attua1e che si possa immaginare. Ma ritorniamo sul piano strettamente teoretico. Dove direi si tocca con mano l'inconseguenza immediata della « difesa della metafisica » è proprio quando si afferma una fondamentale e indubbia verità. Si è ~etto ripetuta– mente e si continua a ripetere che ogni filosofare è metafisico in qualche mqdo, che anche le posizioni antimetafisiche, scettiche, storicistiche, scienti– stiche, ecc. sono posizioni metafisiche, che alla metafisica non si può sfug– gire. Una riflessione rigorosa deve infatti concludere così. (Stando però attenti, dopo, nel trarne illazioni). Ma allora bisogna essere conseguenti: pei;ché « difendere la metafisica» se alla metafisica non si può sfuggire? Si tratterà piuttosto di svolgere la filosofia in modo rigoroso superando con– tinuamente i limiti e gli errori del falso filosofare e chiedendosi in primo luogo i motivi dell'esistenza delle posizioni metafisiche inconseguenti od erronee, chiedendosi perché esse non accettano di essere metafisiche, e cer- • cano di sfuggire alla metafisica. Mi pare sia qui, intorno a questo problema difficile e grave, che si trova l'incontro della questione teoretica più attuale, con la responsabilità morale dell'uomo filosofante e con la funzione tecnica e sociale del filosofo come lavoratore. È del resto verità metafisica inconfu– tabile (e comunque innegabile per ogni metafisico conseguente) che almeno una delle ragioni essenziali dell'esistenza di metafisiche erronee non può non trovarsi nelle deficienze della metafisica vera perché l'errore non esiste mai separato dalla formulazione di verità: e, p·oiché non sarà certo_la verità BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy