Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
NOTE L'illusione contraria può nascere soltanto sul terreno di una civiltà co– me la nostra, nel quale ha libero corso il dogma che lo sperimentalismo fine a se stesso, l'attivismo puro, la ricerca per la ricerca, siano obbiettivi morali; forse, anzi, gli unici veramente morali. Come dire che un morfinomane tocca « zone più alte» di chi non lo è, in quanto costui si preclude un'« espe– rienza» che l'altro invece ha affrontato. Il problema di sapere se il tipo umano totale realizzato dal morfinomane sia superiore a quello realizzato dall'altro, secondo questo dogma, passa in seconda linea, quando non è ignorato affatto. Eppure questo, nella vita come nell'arte, è a un certo punto l'unico pro– blema che conti: almeno per chi voglia parlare di più o meno alto. Ma questo problema non sarà mai accessibile a una cultura che si rifiuta per principio di prender coscienza delle strutture su cui è nata, del costume, della storia generale degli uomini, della prassi: unico terreno su cui il pro– blema può prendere un senso concreto. Per questo l'impresa di Vlad ap– pare a priori piuttosto disperata: essa consiste nell'affermare la superiorità di un tipo di cultura che per definizione esclude la possibilità di fondare una tavola di valori qualsiasi, e cioè l'idea stessa di superiorità o inferiorità. Salvo a conferire ad honorem la qualifica di « più alto» all'inedito in quanto tale. Fedele D'Amico « DIFESA DELLA METAFISICA»? ' Anche questa è una di quelle espressioni che corrono, ma a cui non è tanto facile, il più sovente, trovare altro senso che quello di coprire posizio– ni di rendita nel campo della filosofia. Intendiamoci: credo che anche una posizione filosofica possa essere difesa dall 'estt·inseco come ogni altra cosa umana. La funzione di polemizzare contro lo sfruttamento dell'ignoranza degli incolpevoli è certo una funzione necessaria. Il guaio capita quando la (! difesa della metafisica » è essa stessa uno sfruttamento dell'ignoranza degli incolpevoli. Ciò avviene quando si fa della polemica un sostituto della ricerca e quindi ci si chiude ai problemi reali, quando cioè si abbandona il campo della vera lotta filosofica che è la ricerca, il giudizio storico, il ragio– namento sulla realtà, la risposta alle domande effettive degli uomini, di tutti gli uomini, e si riaffermano semplicemente tesi già acquisite studiando solo il modo di appioppare ali'« avversario» un sillogismo confutatorio (preoccu- BibliotecaGino Bianco
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