Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
54 NOTE E qui c'è un equivoco iniziale: quello di credere che esistano zone alte o basse, e cioè più o meno alte, considerate in sé e per sé; e non, in– vece, sintesi umane più o meno alte, di cui certe « zone » possono essere tutt'al più assunte, per metafora, a simbolo. Quando noi diciamo: l'uomo dell'età di Pericle, l'uomo del Rinascimento, l'uomo contemporaneo; op– pure l'uomo borghese, l'uomo socialista; o ancora, l'uomo di Shakespeare, di Michelangelo, di Tolstoi; noi non intendiamo instaurare dei confronti di valore fra questi tipi umani in base alla presenza di certe « zone » piut– tosto che di certe altre. Bensì in base al fatto che ognuno di questi tipi rappresenta una certa civiltà, ognuna delle quali può entrare a paragone colle altre solo se presa nel suo complesso, in quanto esprime un certo li– vello umano. Quelle zone che Vlad chiama « alte », non sono in realtà altro che zone «nuove»: sono zone sconosciute all'arte precedente, aspetti dell'uomo finora inesplorati. Che la scoperta di questi aspetti costituisca un arricchi– mento della nostra conoscenza dell'uomo, nessuno vorrà contestare. Ma solo in quanto noi li integriamo colle nostre conoscenze precedenti. Nelle mu– siche in cui quelle scoperte appaiono questa integrazione non è affatto detto che avvenga, perché ogni opera d'arte crea una sintesi per conto proprio, e integra solo ciò che esplicitamente accoglie. L'uomo schè:inberghiano non è affatto l'uomo bachiano, beethoveniano, verdiano, «arricchito» di nuove «zone»: è un uomo diverso, la cui moralità è quella che è, e che si tratta appunto di definire. La sintesi che esso realizza non è automaticamente universale, né più « alta », per il seinplice fatto che accoglie esperienze nuove. Quando un Pierrot lunaire o un Ulysses mobilitano i deliri dell'in– conscio ciò ha un valore totalmente diverso dalla scoperta scientifica del– l'inconscio. Nel campo scientifico la scoperta dell'inconscio ha un valore di progresso (e perciò può dire di raggiungere una più alta fase della scienza) in quanto· e nella misura in cui si integra a tutta la scienza psico– logica. Così, più in generale, possiamo dire con certezza che la scienza di oggi è superiore a quella di cinquant'anni fa; possiamo dirlo appunto per– ché la scienza moderna, nel suo complesso, si pone almeno praticamente l'impegno di contenere e superare di necessità tutte le acquisizioni della scienza precedente. Ma l'arte non contiene le acquisizioni precedenti: i pro– blemi che pone possono essere di volta in volta nuovi, propongono ogni volta sintesi specifiche. Se queste sintesi, nel caso della musica contempo– ranea, siano più « alte » delle precedenti, è da vedere nel fatto; il fenomeno è tutt'altro che necessario. BibliotecaGino Bianco
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