Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

52 NOTE scuola. Ho sentito di recente a Salisburgo, accoppiata nella stessa serata alla citata Lucrezia, il Romeo und Julta di Boris Blacher; e la vicinanza dava modo di constatare senza equivoci come la poetica abbia attaccato perfino un paese, come la Germania, di ben altre tradizioni musicali che non l'Inghilterra. Storicamente, il fenomeno non ha precedenti. Il successo di cui al loro tempo godettero cento operisti minori e minimi del Sette e dell'Ottocento aveva tutt'altro senso. Per quanto anche in quelli le realtà creative fossero scarse o assenti, le loro opere, oltre che il pretesto all'arte, non sempre pu– ramente virtuosistica, di alcuni cantanti, fornivano a ripetizione i moduli d'un gusto determinato, quello in cui l'epoca viveva e si riconosceva; pres– sappoco come oggi il cinematografo. Niente di tutto questo nell'opera a fumetti, prodotto tipicamente eclettico, fabbricato senza il minimo candore, in cui stilemi delle epoche più diverse, moduli provenienti dai più lontani e contraddittori climi di gusto riescono a pacificamente convivere, previa neutralizzazione della loro carica originaria. Il successo dell'opera a fumetti significa dunque tutt'altro, in quanto le sue ragioni sono puramente negative; queste opere valgono cioè non per quello che offrono, ma per quello che si rifiutano di contenere, e di cui il pubblico è sazio: la problematica spirituale e stilistica del musicista con– temporaneo, sempre meno capace di mordere se non per frammenti la realtà su quel banco di prova elementare che è l'opera lirica. La fortuna degli operisti a fumetti, questi autentici giocatori al ribasso, è tutta qui. A mordere una realtà vivente essi riescono anche meno degli altri, per la buona ragione che non ci si provano più. In compenso, la loro riuncia a dibattersi in una situazione di crisi dà loro la possibilità di giuo– care su un piano di semplici apparenze, di formalismi puri, finalmente scarichi di nostalgie. Il pubblico non può amare veramente neanche loro; ma il ritrovare in loro senza fatica d'apprendimento certi modi esteriori della musica contemporanea sorprendentemente sposati ad altri, a lui ca– rissimi, di quella passata, gli là una confortevole situazione di privilegio. F,inalmente, pensa, ho capito anch'io. Esso scambia la loro totale assenza di significati umani per una nuova forma, ma finalmente accessibile, di quell'ermetismo la cui inquietudine, senza persuaderlo a fondo se non di rado, l'aveva in qualche modo affascinato negli altri. E naufragar gli è dolce in questo trucco. Fedele D'Amico BibliotecaGino Bianco

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