Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

NOTE Sl un'adattabilità ai più vari generi e impegni tanto disinvolta, che alcune facce toste hanno trovato pretesti sufficienti per paragonarlo a Mozart. Le sue architetture compositive sono formalmente perfette; e l'uovo <li Colombo del prodigio consiste appunto nel servirsi di elementi maneg– gevoli al massimo, come possono essere idee e procedimenti musicali pre– ventivamente. destituiti di qualsiasi appello specifico, di qualunque presenza storica e concreta. Nell'economia della sua retorica degli effetti Britten sa che in quel dato momento occorre un recitativo, in quello una melodia, in quell'altro un movimento polifonico, qua un'entrata di violini, là uno squillo di tromba, eccetera. Egli maneggia tutto ciò con grazia impeccabile. Ma che il recitativo o la melodia siano proprio quelli o altri, che i violini emergano così o così, questo non ha alcuna importanza. Melodie, ritmi, armonie, timbri, non afferrano alcuna realtà specifica e irripetibile, sono vuoti di autonomia. Come nel teatro elisabettiano, invece di costruire o di– pingere sulla scena un'osteria, si appendeva un cartello su cui era scritto cc osteria», così Britten, tanto per fare un esempio tra mille, a un certo punto del Rape of Lucrctia fa partire il corno inglese con una certa allttre che dice chiaro a tutti: eccovi una melodia per corno inglese. Che in effetti una vera melodia non arrivi, ma il più generico dei disegni mu– sicali, importa poco; perché tutto è disposto in modo che cc la musica non si ascolti ». Ma la partenza vale, comunque, come il cartello elisabettiano: tutti sanno, infatti, d'istinto, che cosa vuol significare, in astratto, l'inter– vento d'una melodia per corno inglese, come idea platonica estratta dalla tradizione operistica (il corno inglese del Tristano, quello del Ballo in ma– schera, quello dell'Otello, e via dicendo). Il cartello allora vuol dire: di– sponetevi al patetico, signori. Il testo, l'azione scenica, non ha dunque nel!a musica il suo chiarimento decisivo, la sua definitiva precisazione in– teriore: questo chiarimento è una pura didascalia, un fumetto. Rinvio dunqu~, per l'accento poetico, al testo? Parrebbe, a prima vista. Ma in realtà anche i testi di Britten tendonò a evitare ogni impegno uma– no, ogni accento storico, e in ogni caso accettano di peso quel complesso di convenzioni che forma, tradizionalmente, il libretto d'opera; il quale, com'è noto, ha tutto il diritto di presentarsi come nuovo schema in attesa d'una musica capace di dargli ossa. Ma se la musica è una collezione di fumetti? Siamo dunque perpetuamente rinviati, col miglior garbo possi– bile e senza quasi avvedercene, da Erode a Pilato. Donde nasce, allora, il successo? Perché di successo autentico, senza dubbio, si tratta. E non solo nel senso che, almeno in alcuni paesi, le opere di Britten riempiono i teatri; ma anche in quello che la loro poetica fa BibliotecaGino Bianco

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