Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

NOTE 49 Così se Baudelaire irrideva alla « phisophaillerie » del suo tempo, non solo non bisogna dimenticare che la irrisione baudelairiana non è eterna, ma è anch'essa un fatto storico - e aveva allora una portata rivoluzionaria che oggi non ha più - ma che senza l'estetica idealista e il superamento del concetto mimetico di arte Baudelaire non avrebbe mai potuto scrivere la famosa quartina su Delacroix, semplicemente perché non avrebbe potuto intendere Delacroix come artista. E il mondo della suggestione romantica, dell' « indistinzione fra riflesso critico e riflesso poetico », delle « trascrizioni intime ».,·della critica come tra– sposizione poetica (e siamo ben al di qua oramai dello sforzo di Baudelaire di risalire dalle impressioni ai princìpi) non sorprende e non aiuta più nes– suno a intendere, oggi, non rivoluziona più nulla: è specchio raffinato ai compiacimenti culturali di chi già molto sappia ed intenda. È l'espressione preziosa di un romanticismo che si risolve nell'impressione, nel godimento. Ogni critica ~a la sua ragione di essere storicamente: e questa forse è nostalgica, tardiva, impotente di fronte alle esigenze di metodo che sono ormai al centro delle nostre più serie preoccupazioni critiche; elusiva di fron– te a ciò che richiediamo come atto critico, e cioè proprio atto discriminato– rio, atto di distinzione in seno alla immediatezza compatta dell'impressione sempre poetica che un artista autentico ci dà; così come è superficiale e in– genua di fronte a delle impostazioni storicistiche più complesse in cui la storia dell'arte approfondisca e ampli criticamente le sue prospettive. E sopratutto, di fronte a queste esigenze, insufficiente ad essere critica: in quanto tende intimamente, per la sua stessa carica sensibile, a riproporsi come arte e a essere risolta in un successivo momento critico. Perché l'immediatezza sensibile trova la sua conclusione - sia pure sto– ricamente relativa - nell'atto del giudizio, conclusione sola per cui è pos– sibile parlare di critica d'arte. E in realtà, da questo punto di vista, il Venturi ha ragione del Lon– ghi se non altro perché tutta la sua impostazione aveva prevista e superata proprio la pretesa contraddittoria su cui il Longhi rimane sospeso, di una critica immediata che riesca a una validità universale, del gusto e della sen– sibilità che implichino per ciò stesso un giudizio, del gesto pratico che lo includa necessariamente, dell'evocazione poetica che conduca alla storia. Cioè, alla fine, la confusione fra il processo, la tendenza alla critica e la critica come risultato. Armanda Giambrocono BibliotecaGino Bianco

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