Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
48 NOTE possibile spiegare anche il perché di quella atmosfera di gusto, e il valore e il peso particolare di quel costume tutt'uno con quell'ambiente, in rap– porto all'opera d'arte. Altrimenti, il punto fondamentale della conversione della critica in sto– ria, non riesce: e la rievocazione rimane soltanto letteraria, rimane proprio quella « letteratura di intrattenimento » cui Longhi spera sfuggire. Storicizzare un'opera d'arte criticamente - cioè operare una conver– sione della critica in storia - significa poter spiegare perché i valori estetici di una certa opera d'arte sono proprio quelli, e che sono proprio quelli per– ché espressione di un gusto, di un costume, che sono a loro volta espres– sione di tutta una mentalità e un orientamento culturale espressivo di un ambiente storico in un certo rapporto di classi sociali, ecc. In questo senso il Venturi, pur muovendosi su un piano, per così dire tutto orizzontale, compie, rispetto al Longhi, uno sforzo superiore: perché si è preoccupato di cogliere almeno uno dei nessi che condizionano storica– mente la cr~tica d'arte. È un'illusione forse più astratta delle « astrazioni dottrinarie » di cui il Longhi accusa i teorici d'arte, pensare che i critici pratici, i critici imme– diati « decidano » sulle sole basi di una sensibilità e di un gu~to... fortunati. Il gesto pratico anche del collezionista, dell'amatore, ecc., è insepara– bile - se non altro proprio perché vi si oppone, protesta, insorge - da un certo ambito culturale espresso o sorretto da certe estetiche filosofiche. La storia della critica potrebbe ben essere una storia di evasioni dalle chiuse dottrinali, dice il Longhi. Ma la critica può essere in opposizione, ma non mai isolata storicamen– te da tutti i quadri di un 'estetica filosofica. Comunque, la presuppone. E l'ac– cusa del Longhi a una mancata coincidenza fra estetica e critica perde di peso se si tiene presente storicamente lo svolgersi dell'estetica dai grandi quadri contemplativi - religiosi, in cui il bello era un valore ontologico, sino agli sviluppi dell'idealismo moderno, attraverso il criticismo kantiano: un cammino che significa la lenta scoperta del fatto « arte » come attività crea– tiva, della « forma » come principio attivo, come valore. Non solo tutte le categorie di cui oggi la critica si serve, ma la possi– bilità stessa di quella « critica immediata » per cui il Longhi opta - le sue capacità di sensibilità, di intelligenza, di gusto, di assimilazione del fatto artistico concreto - presuppongono il perplesso cammino, i dogmatismi, le ingenuità, gli errori, gli spunti, le osservazioni, le più serie teorizzazioni - i « princìpi », insomma, « le parti astrattive», in cui il Longhi vede gli mu– tili nemici della critica d'arte. BibliotecaGino Bianco
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