Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

' ' POESIA E LIBERTA 17 .del lecito a sfruttare il paese già conosciuto e conquistato. E il tragico è questo: che mentre a un letterato non occorre esser altro che letterato, un poeta dev'esser anche letterato (cioè colto, secondo il suo tempc) e .dominare con mano ferma questo groviglio di abitudini e compiacenze che è la sua letteratura. Il suo cammino è quello delle anime sul ponte <lei Paradiso: un filo di rasoio o, se si vuole, una bava di ragno. Che cosa significa che un poeta si fermi più del lecito a sfruttare il paese? Significa che finga a se stesso di non sapere quel che già sa. Fonte della poesia è sempre un mistero, un'ispirazione, una commossa perplessità davanti a un irrazionale - terra incognita. Ma l'atto della poesia - se è lecito distinguere qui, separare la fiamma dalla materia -divampante - è un·assoluta volontà di veder chiaro, di ridurre a ragio– ne, di sapere. Il mito e il logo. Chi ha veduto dna volta nella propria ·ispirazione, chi ha ridotto a parole, a disc~rso, articolandola nel tempo ,e nello spazio, l'estatica meraviglia dell'essere, si rassegni e a proposito òel mito in questione non finga a se stesso, per rigustare il tormentoso piacere, una verginità che ha perduto. Se, beninteso, la sua occhiata, la .sua riduzione del mito a figura, è stata esauriente e sovrana (e que– .st'occhiata non è mai folgorante; occorono giorni e anche anni di tor– mentosi tentativi e di ricerche); costui può contentarsi e attendere con -equanimità che dal groviglio della coscienza, del ricordo e della mace– razione gli nasca una nuova verginità, una nuova ispirazione, un nuovo mito. Per ora dovrà contentarsi. O fingendo di non sapere quel che già .sa, cincischiare il pubblicato mistero e farsi letterato. Non è facile dire quando il poeta debba fermarsi. Di solito la mera– viglia gli è nata così dal profondo, e l'immagine creata - la prima preda òella terra incognita - ha radici così tenere e sensibili nella sua so– .stanza spirituale, che staccarsene significa lacerare se stesso, restar vuoto -come un guscio succhiato. Di solito la capacità di stupirsi, la ricchezza mitica, è in ciascuno una dote limitata, finita. Come non esiste uno .spirito che non possa, stando su di sé, cogliere nel suo fondo un barlu– me di mistero, una capacità sia pur esile di poesia (su ciò è fondata l'universale leggibilità dei poeti), così è ogni volta un'occasione, è esso .stesso un prodigio, il creatore per cui questo barlume si allarghi irre– sistibile a paesaggio complesso, a multiforme, accidentata, inesauribile provincia. Si aggiunga che la riduzione a figura, a chiara visione, a co– noscenza mondana di un'estatica e rovente intuizione mitica può sol– tanto avvenire sul terreno di uu'a fredda consuetudine tecnica, di un'ac– quisita esperienza culturale di avvenute riduzioni di vecchi miti a Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy