Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
RACCONTARE È MONOTONO ambigua - nonostante il suo sforzo raziocinatore. Alla creazione di un mito narrativo americano ha senza dubbio contribuito di più il testardo e irriducibile verismo di Dreiser che non la fatua medievalità di Cabell e l'irresponsabile lirismo psicologico di Saroyan. Ma oggi come oggi an– che le soluzioni di Dreiser - il titano, la tragedia americana - sono diventate storia, servono a definire dei fatti sociali, non possono più adibirsi a stile di un'ispirazione genuina. Quando un mito è ormai così vulgato da servire alla definizione di fatti sociali, esso ha perduta la sua ingenuità, rimane come tensione di quella coscienza, di quel momento che l'ha creato; noi possiamo anche rimetterci in quelle acque e risentirne l'urto, la fresca elasticità, ma non possiamo più seriamente riprendere il suo stile di nuoto ed esemplarvi la nostra esperienza. Va da sé che certi stili sovrani, certi nodi complessi di umana esperienza, conservano un fascino irriducibile anche alla no– stra più scaltra sapienza - e ciò viene a dire semplicemente che in essi . l'organo mitico fu così radicale e si configurò in modo tanto ricco, da rinascere a ogni nuovo contatto e vanificare ogni nostra sopraggiunta esperienza. Le loro figure e cadenze - la loro poesia insomma - non diventano facilmente definizioni di fatti sociali, o, se lo diventano, ciò avviene a costo del loro midollo più prezioso. Ma è presumibile che l'e– volversi e arricchirsi della conoscenza sperimentale e razionale riduca via via a mero documento anche le più vertiginose creazioni poetiche del passato e dei nostri giorni. Beninteso, non è detto con questo che la facoltà di sentire nuovi miti e foggiarne ulteriori figure sia per man– care nei secoli avvenire. BibliotecaGino Bianco
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