Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
RACCONTARE È MONOTONO 9 che ascoltare le risonanze - le resistenze - del mezzo indistinto entro cui si sncxla l'individuale successione causa-effetti. Un vero narratore - sia pure verista - chiarisce e giustifica soltanto fin dove arriva, ma riesce stupenda per forza simbolica proprio la resistenza del fondo, la variamente impenetrabile durezza delle cose, per cui la narrazione - la nuotata - veristica diventa un vivido e spietato corpo a corpo con l'ombra, col mostro, col nulla dell'indistinto. Proprio ciò che nel racconto veristico rimane inesplicato e inesplicabile, ne determina lo stile, il gioco di schiume, di colore simbolico. La ricchezza mitica - individuale e collettiva - del narrare veri– stico. è oramai retaggio di tutti ì contemporanei, perché al mito della scienza non si sfugge, se non accettando la fede o in un dinamismo magico o nell'arbitrio divino (ma anche dell'atto divino gran parte è diventato cosmo, cioè sistema meccanicistico). Molta parte della narra– tiva passata - di epoche cioé o magiche o divine - verteva già sull'os– servazione realistica da causa a effetto, ma in essa accadeva che, risa– lendo le ragioni ultime chiaramente alle « virtù » delle cose o al cenno divino, la tensione gioiosa e illwpinante del mito si esprimesse in sim– boli stilistici più facilmente riconoscibili come tali, più immediatamente mitologici secondo il senso vulgato del termine. Dobbiamo imparare a conoscere, per quel che sono, queste mutevoli schiume, e sopratutto te– ner presente che quanto più si risale nel tempo tanto più è difficile scor– gere sotto i lineamenti dei grandi simboli collettivi le individuali mito– logie dei creatori. Soltanto nei contemporanei tutto ci sembra creazione individuale, anche perché oggettivamente fino a pochi secoli fa vigeva ancora l'accettazione programmatica di una mitologia collettiva (cano, ne dell'imitazione da opera a opera e dell'eteronomia dell'arte). Per cui unica arte veramente simbolica o mitologica apparirebbe quella antica, e la nostra un discutibile compromesso con la scienza - che è errore evidente. Senza mito - l'abbiamo già ripetuto - non si dà poesia: man– cherebbe l'immersione nel gorgo dell'indistinto, che della poesia ispi– rata è condizione indispensabile. Noi ora non vogliamo tentare una ti– pologia dell'ispirazione, dei simboli narrativi del nostro tempo, che si risolverebbe in una storia, sia pure sommaria, di tutta la narrativa con– temporanea - vogliamo semplicemente ricordare che in ciascuna cultura e in ciascun individuo il mito è di sua natura monocorde, ricorrente, ossessivo. Come negli atti cultuali l'evidente monotonia non offen– de i credenti bensì i tiepidi, così nella poesia. Bisogna crederci, cioè non Biblioteca Gino Bianco
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