Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
NOTE 93 una critica di confronto. Quella aveva per suo metodo il confronto con un archetipo di capolavoro ben determinato, con le sue regole fisse, le sue uni– tà, le sue classificazioni morali, e dava il suo giudizio a seconda se l'opera esaminata entrava o no in quelle categorie. Il metodo di questa è invece il confronto con un proprio mito di lettura, indistinto o appena intuito, da inseguirsi trepidamente per le pagine e, là dove più sembra riconoscibile, da segnalare e cercar di definire. Per il critico classicista il mito di poesia era già oggettivato, diventato misurabile e tecnico fino alla freddezza; per il critico moderno è un vago stimolo ancora da scoprire, che ci si può chia– rire solo cercandolo. Ne risulta una critica-lirica che ha per oggetto non l'opera né gli uomini che vi si devono riconoscere, ma l'animo stesso del critico, il diario della sua inquietudine. Un'altra letteratura insomma, e di quella, da noi non amata, della pura confessione e ricerca interiore, della scoperta non oggettivata, senza espressione, cioè senza pratica e verifica. Non è senza significato che le poche cose critiche interessanti, anche se frammentarie e divagatorie che si son lette ultimamente, sono da cer– carsi nella produzione saggistica « minore » di narratori o di poeti. Di chi cioè, per il suo stesso lavoro, è ,legato ai problemi del comprendere, del fare, del verificare. Ma una tendenza ad abolire la « divisione del lavoro » tra poeta e critico sarebbe un'involuzione, non una soluzione. Esiste ormai, fra le spe– cificazioni della nostra cultura, quella d'un complesso nodo di ingranag– gi - la critica - la cui necessità è nel collegare e rapportare i giri delle innumeri ruote sovrastrutturali e strutturali a quelli della letteratura. Che i suoi denti non arrivino più a mordere, che la critica stia per estinguersi della stupida morte di chi non ricorda più cos'è nato a fare, è una prova dell'urgenza di correre ai ripari, di lavorare a rendere le specificazioni del lavoro umano sempre più necessarie le une alle altre e articolate. In un mondo fatto a pezzi, in cui tutto è stac;cato e insieme confuso a tutto, cerchiamo gli strumenti utili insieme a unificare e a distinguere. La letteratura non s'alimenta del proprio fuoco, né può ridursi ad atten– dere che Mamma Storia se la tiri dietro come una bambina timida, con uno strattone ogni tanto. Se tutti i nessi della civiltà di cui vive non sono vivi e al livello dei tempi, questa che noi crediamo una sua primavera di gemme e nuvole non darà che riaccartocciarsi di foglie e ricomparse d'anti– chi bachi l'estate. Italo Calvino BibliotecaGino Bianco
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