Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
6 CESARE PAVESE mente quella gente non disponesse di poteri soprannaturali o metem– pirici, se insomma la stregoneria non fosse una cosa seria. A noi pare che, come sempre accade, l'inventore della questio– ne ci abbia visto più chiaro di tutti. « ••• I primi uomini, come fanciulli del genere umano, non essendo capaci di formar i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale necessità di fingersi i caratteri poetici, ché sono generi o universali fantastici, da ridurvi come a certi modelli, o pure ritratti ideali, tutte le spezie particolari a ciascun suo genere somi– glianti ... » (Scienza Nuova Sec. degn. XLIX). Questa prima classica descrizione della mentalità primitiva ci riesce, a tutt'oggi, la più con– vincente. Se poi le accostiamo l'altra degnità (XLVII) che « •.• il v~ro poetico è un vero metafisico, a petto del quale il vero fisico, che non vi si conforma, dee tenersi a luogo di falso... », potremo capacitarci che realmente il Vico ha veduto il problema nella sua interezza e, leggendo, com'è giusto, mitico dov'egli dice poetico, avremo messo fine a molte m~l impostate dispute contemporanee. Quelli che il Vico chiama universali fantastici sono - è noto - i miti, e in essi i fanciulli, i primitivi, i poeti (tutti coloro che non esercitano ancora o non del tutto il raziocinio, la « umana filosofia») risolvono la realtà, sia teore– tica che pratica. Fu il primo il Vico a notare e interpretare l'evidente fatto che tutta l'esistenza dei primitivi (i « popoli eroici») è model– lata sul mito. Ora, quest'atteggiamento umano fondamentale, questa riduzione di « tutte le spezie particolari » a « certi modelli », « a generi fantastici», non è altro che l'atteggiamento religioso. Qualcuno ha interpretato il pensiero vichiano nel senso che la novi– tà di quella scienza fosse essenzialmente la scoperta della categoria estetica. Non ne siamo convinti. Identificando e sviscerando un intiero momento di quella « storia ideale eterna» sopra la quale corre in tempo la storia delle nazioni - il momento in cui il pensiero raziocinante, metodologico, non è ancor nato - il Vico non poteva non imbattersi anche nella natura della poesia, della fantasia creatrice - ma la sua scoperta appassionata è un'altra. Non a caso del resto egli tende a servir– si dei documenti della fantasia eroica (dai geroglifici e dagli stemmi ai poemi) per chiarire le realtà giuridiche, politiche, morali, economiche e cultuali di quel mondo. Dal nucleo embrionale dei miti (che esalta– no e convincono i loro credenti, cioè li inducono all'azione) egli trascor– re a descrivere un'ideale civiltà eroica. E sebbene questa civiltà abbia prodotto, col germe religioso dei miti, una poesia rigogliosa, egli non si ferma a definire l'autonomia della poesia: a quest'autonomia non ere- BibliotecaGino Bianco
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