Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
72 GIACOMO MOTTURA Fra le lavorazioni silicotigene la più antica è probabilmente quella di miniera, a cui si condannavano gli schiavi 1 • In quelle condizioni di lavoro, ci si può domandare che c'entrino le malattie da polvere: effettivamente la polvere non si trova menzio– nata dagli storici. E chi poteva- badarci? Probabilmente nemmeno i mi– natori, che avevano altro a cui pensare, in primo luogo alle percosse. Eppure, coi lavori concentrati di taglio di cunicoli e di macinatura di pietra, non potevano mancare gli essenziali requisiti della grande quan– tità e della finezza della polvere. Ciò che probabilmente veniva spesso a mancare era la lunga esposizione, giacché si deve ritenere che le con– dizioni di vita per lo più non fossero tali da dare tempo alla lenta si– licosi di svilupparsi: gli operai morivano prima. Ma anche a parte que• sta considerazione medica, tutto ciò ha un significato, non solo perché ci illumina sul rapporto di lavoro schiavistico, ma perché ci fa vedere senz'altro come dagli orrori del lavoro coatto risulti difficile isolare con– cettualmente il danno specifico di una lavorazione; occorre che l'atten– zione si possa concentrare non solo sul lavoro ma anche sull'uomo; e certo non era abbastanza considerato uno schiavo trattato come un col– pevole da punire, retribuito a bastonate; manca persino la preoccupa– zione della preservazione fisica del lavoratore da sfruttare. RICONOSCIMENTO DI RAPPORTI TRA ALCUNI MATERIALI DI LAVORO E MALATTIA, DAL MEDIOEVO AL SECOLO XVIII. Coi secoli successivi la situazione è cambiata, ma non tanto radical– mente quanto si potrebbe superficialmente ritenere. 1 È noto un passo di Diodoro Siculo, del I sec. a. C. (Bibl. Hist., III, 12-13) in cui si descrive il lavoro nelle miniere d'oro egiziane di Wadi Allaqui; i competenti ci dicono che esso è probabilmente riportato da Agatarchide, e in tal caso si riferisce a condizioni di 100 anni prima. Lo trascrivo: « Fra questi sventurati i più robusti spezzano la pietra lucente battendola con pic– coni di ferro e lavorando non di arte ma di forza; tagliano gallerie sotto terra e nelle tenebre delle tortuosità di quei canali portano lampade fissate alla fronte... e piegati i corpi secondo le asperità della roccia, gettano sul fondo i frammenti della pietra spezzata... I ragazzi cacciandosi nelle gallerie faticosamente raccolgono i piccoli detriti e li portano in un luogo fuori dell'imbocco all'aperto. Quelli poi al di sopra dei trent'anni, presa una certa quantità di pietra, la pestano in mortai di pietra con mazze di ferro, spezzettandola fino alla grossezza di ceci; da questi, donne e uomini più vecchi la riprendono e la mettono in una fila di macine e a tre o a due applicandosi al manu– brio si affaticano a ridurla come farina ... Non si concede perdono né sollievo all'amma– lato né al mutilato, né al vecchio né alla debole donna. Tutti con bastonate sono costretti al lavoro, finché sfiniti muoiono nella tortura. Perciò gli infelici soverchiati dalla pena prevedono l'avvenire sempre peggiore del presente e ritengono più desiderabile la morte che la vita ». BibliotecaGino Bianco
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