Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
66 ENRICO TOBIA Indirettamente, un implicito richiamo alle cose e una polemica di contenuti fu, in parte, la nuova fortuna della poesia di Saba. Ma quest'esigenza rimaneva appunto indistinta: qualcosa di troppo spontaneo, troppo facile, troppo banale : vagamente o grossolanamente formulata. E intanto accadeva che quei fatti, quei contenuti nuovi, nei e.asi in cui, raramente, entravano nella vecchia poesia, intristiv;mo anch'essi - che erano il mondo nuovo, tutto il mondo - pezzi ritagliati di esso. Proprio i fatti davano torto a quell'esigenza; ma in realtà davano torto alla imprecisione e improprietà della sua formulazione. Rigorosamente formulata, l'esigenza di nuovi contenuti avrebbe mostrato il suo buono e il suo cattivo e avrebbe aperto la strada alla correzione. Essa andava ricondotta a quella che era m profondo: cioè alla richiesta di un oggettivismo assoluto. Nessuno ha avuto il salutare coraggio di questa pos1z1one chiari– ficatrice. Adesso ci si può accorgere che Pavese l'aveva avuto prima della guerra, in dichiarata polemica con la poesia contemporanea. Mosso da un'esigenza di poesia come racconto obbiettivo, a Pavese saltò agli occhi l'impaccio naturalistico insito in quella formula, le diffi– coltà a cui metteva, e la corresse nell'altra di poesia come « descrizione - non importa se direttamente o immaginosamente - di una realtà simbolica» 3 • Intelligente posizione: ancora poco consapevole di se stessa e quindi non bene espressa, a distanza di tanti anni essa ci aiuta tuttavia a capire. Perché - ci sembra - in quella formula sono presenti entrambi i termini della questione, mondo e individuo (non c'è possibilità di simbolo senza individuo) ed è intravisto il loro giusto rapporto. È~ crediamo, quello di una reciproca integrazione. Si tratta di costruire questo rapporto, il lavoro è questo. Non serve l'oziosa fuga dal mondo in un umanesimo ormai inerte in cui allignano solo sterili compiaci– menti e tristezze; e non servono le cose e i fatti ciechi e incomprensi– bili: l'uomo è tale in quanto mondo e viceversa. Il richiamo a questa posizione, a questo lavoro, non vale certamente solo per la poesia, ma per tutta l'attività umana; e non potrebbe essere altrimenti mentre ci si sforza di restaurare nell'impegno poetico l'im- 3 C. PAVESE, Lavorare stanca, Ed. Einaudi, 19-13, Appendice, pag. 174. BibliotecaGino Bianco
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