Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

62 ENRICO TOBIA crearsi immaginarie consolazioni : questa, se non altro, di non occu– parsi di ciò che c'è oltre i confini segnati. E quanto più si vede lo stretto giro di questo mondo ritagliato, tanto più ci rinchiudiamo in esso; e se soffriamo dell'angustia - perché il mondo attorno fa ressa - tanto più ci rassegniamo compiaciuti a soffrire; e quanto più la natura stessa, que– sta bella scena dell'uomo, si carica di dolore e di noia, tamo più ne accarezziamo tristi le immagini. Eliminiamo a mano a mano tutti 1 problemi; la nostra porzione diventa sempre più piccola; giungiamo all'aridità. Il caso più illustre è quello di Montale che non a capriccio costituisce un valore così alto nella poesia italiana. Montale esprime un momento essenziale della poetica moderna: direi anche quello più serio e pulito perché rifiuta le soluzioni sbagliate. È il momento in cui la nascosta tensione dram– matica - perché la vita è vita e almeno in noi stessi, nel nostro indi– viduo, sentiamo il dolore, la contrarietà e la lotta - viene in perpetuo affrontata e consunta dalla ironica consapevolezza che nulla veramente accade perché tutto, al massimo, è già accaduto, tutto è fissato, tutto è così. Nulla rimedia a quest'inerzia: appena qualche possibilità accen– nata: Se procedi t'imbatti tu forse nel fantasma che ti salva non c1 sono pretese, come ammoniscono versi famosi : Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo non c1 sono consolazioni: è un momento finale ed estremo. Abbiamo detto che Montale rifiuta le soluzioni sbagliate. Sono le consolazioni degli altri poeti. È l'abbandono sensualistico alla natura nella cui malinconia - pensiamo a Quasimodo - si stempera definiti• vamente l'eredità pagana del dannunzianesimo. A un sentimento sen– sualistico e sofferente si è ridotto il concetto romantico della bella natura consolatrice dei dolori umani, a cui l'eroe vinto e deluso del mondo si volge: lo slancio appassionato con cui, dalla morte immaginata, il Fo– scolo si tende alla « bella d'erbe famiglia e d'animali»; l'austero rifugio indicato dai versi d'Aspasia: BibliotecaGino Bianco

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