Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

58 FEDELE D 1 AMICO capace di intendere perfino la portata delle proprie istanze. Poco im– porta, per questo riguardo, che una personale civiltà impedisca a Furt– wangler di scendere alla negazione pura e semplice dell'arte moderna: come tendenza profonda, la sua posizione è destinata fatalmente a sci– volare su questa conclusione, sollevando gli entusiasmi, non già del co– siddetto pubblico (il quale, checché ne dica Furtwangler, portato dalle sue certezze a lavorare d'immaginazione comè il suo avversario, tribu– ta a non pochi compositori moderni successi sensazionali), ma dei com– positori falliti di tutti i paesi. A cadere cioè su una rivendicazione di esigenze che hanno una radice vitale, ma si pongono allo stato di grezza rivolta irrazionale, capace di accusare la cultura contemporanea, inca– pace di giudicarla. La cultura contemporanea si illuderà eternamente di aver buon giuoco contro quella posizione, riproponendo sistematicamente la que– stione di legittimità, il poesia e non poesia, e cioè ponendo in campo un'esigenza non meno valida; ma incommensurabile coll'altra e perciò radicalmente incapace di assorbirla, e dunque di vincerla. Ridotte le due posizioni alle loro logiche conseguenze, siamo dunque alle paral– lele, o per meglio dire alle sghembe, che non solo non s'incontrano mai ma giacciono addirittura su piani diversi. Laddove l'uomo è un fatto unitario, e non può accogliere la pm semplice discussione fra due esigenze del genere se non mediandole su uno stesso piano culturale. Il quale, essendo arte e cultura forme di obbiettivazione di valori universali, non si crea se non entrando nelle strutture del costume. Se l'arte è tale solo a patto di trascendere le pro– prie condizioni storiche, è anche vero che fuori di esse non può nascere. Nessun valore permanente è esprimibile fuori di un linguaggio; e nes– sun linguaggio può nascere fuori della moralità di una società deter– minata. L'uomo solitario, quali che siano le sue possibilità interiori di riscatto, non produce cultura. Questo linguaggio dunque, a un certo punto noi abbiamo bisogno di sapere che cosa significhi. Non solo se esista e sia «legittimo», come vorrebbe Strobel; non solo se corrisponda a certi « valori vitali » di or– dine puramente biologico, come vorrebbe Furtwangler. Non c'è nes– suna ragione, una volta rimasti nel limbo delle morfologie astratte, tro– vare la soluzione schonberghiana più coerente delle altre; ma neanche, idem idem, di dare per evidente che la forma a discorso organico dei BibliotecaGino Bianco

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