Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

MONOLOGHI SULLA MUSICA MODERNA 57 dell'artista con se stesso, espresso in forme atte a comunicarlo, e cioè tale da obbiettivare alcunché. Posizione non oltrepassando la quale un giudizio integrale, e cioè insieme storico e morale, non è raggiungibile; giacché nessuna moralità può prodursi attraverso· la cultura da un atto che si ponga come meramente individuale, e cioè fuori delle sue radici storiche. Ma d'altro canto quelle realtà restano nel vago anche in Furtwang– ler. Il quale sente indubbiamente delle esigenze ignote al suo anta– gonista: sente cioè le insufficienze profonde dell'arte moderna, portan– do anche certe analisi molto addentro al problema (non solo il suo esa– me dell'organicità del discorso nei «classici», ma tutta la sua descri– zione della nascita e sviluppo della tonalità come fatto capace di mor– dere sull'uomo ben altrimenti della musica precedente, fornendo la possibilità di articolare drammi e caratteri, è d'importanza più che no– tevole). Ma di quelle insufficienze sa dare soltanto alcuni aspetti morfo-– logici, per quanto fondamentali, non spiegarne le ragioni. La sua stessa riduzione del culto del frammento a «tecnicismo» è un modo alquanto sbrigativo di risolvere la questione: Furtwangler non avverte come quei frammenti siano gremiti di suggestioni, di vertigini, di disperate me– morie e nostalgie, ricchi dunque d'una testimonianza umana e « stori– ca » che va ben oltre il semplice documento: è poesia sonante anche quella, non c'è rimedio. Peggio ancora il suo tentativo di affermare una gerarchia di valori attraverso paragoni biologici, in base ai quali la grande dialettica compositiva di Beethoven minaccia di ridursi a un'eco di salute corporale. E d'altro canto, per lui l'isterica disintegrazione del compositore moderno esprimerebbe, sì, l'« uomo contemporaneo»; ma in quanto l'uomo contemporaneo sarebbe quello della fretta, del telefo– no, e di altre cose del genere, che sarebbe meglio, a volerle trattare in quei termini, lasciare al- compianto F.T. Marinetti. Abbiamo dunque da un lato la posizione della cultura ufficiale contemporanea, la quale dimostra una progressiva incapacità ad affron– tare un giudizio di merito, che la fa ripiegare su mere questioni di legittimità: una fatale trasformazione, insomma, da tribunale in corte di cassazione. Dall'altro la posizione di una vecchia cultura, sia pure carica di valori ancora vivi, e perciò capace di rifiutarsi coraggiosamen– te a certe omertà, decisa a non abdicare da certe vitali esigenze; ma pur sempre una vecchia cultura, che sopravvive ridotta per buona parte a residuo istintivo, e perciò resta incapace di intendere le ragioni se– grete della cultura moderna, e quindi di criticarla fino in fondo: in- BibriotecaGino Bianco

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