Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

NOTE 111 IL DIO CHE È FALLITO Si tratta di « sei intellettuali che descrivono il loro viaggio verso il co– munismo, e il loro ritorno. Lo videro dapprima, molto da lontano... come una manifestazione del regno di Dio in terra... e piegarono umilmente il loro ingegno a lavorare per il suo avvento... fino al giorno in cui, scoprendo l'abisso fra la propria visione di Dio e la realtà dello Stato comunista, il conflitto di coscienza raggiunse il suo punto di rottura ». Così dice la prefazione di questo libro e, a parte certe questioni di tono, dice bene. Da Koestler infatti, che parla del suo « anelito ossessionato all'Utopia », a Silone che descrive la sua « antica speranza nel Regno », a Gide che racconta la sua ansia di trovare nel paese sovietico, come la Demetra omerica nel fanciullo Demofoonte, qualcosa di finalmente « sovrumano », il motivo che i sei autori confessano come originario di tutte le loro vicende è uno solo, e costante: la concezione del nuovo ordine destinato a uscire dalla crisi del mondo contemporaneo come un ordine assolutamente perfetto, e del processo rivoluzionario che deve realizzarlo come un processo di rigenera– zione umana totale, ossia: di redenzione religiosa. Si deve forse mettere in dubbio la sincerità di questa confessione? Non direi. Ciascuno infatti può sperare, senza necessario danno per sé e per gli altri, in un paradiso soprannaturale; ma in un paradiso terrestre no - spe– rare in questo significa perdere ogni intelligenza reale della storia, scegliere per valutarla un paradigma privo di senso, condannarsi volontariamente a non trovare mai una patria in cui non sentirsi presto o tardi stranieri. È appunto ciò che accade, mi sembra, a questi sei intellettuali, ed ecco allora perché la loro confessione va accolta con critico rispetto: essa costi– tuisce il presupposto che rende perfettamex:ite prevedibili le loro esperienze, e come tale rappresenta l'unica chiave capace di spiegare da un punto di vista di principio la sostanziale inattendibilità delle conclusioni che su tali esperienze si vogliono fondate. Categorie utili per giudicare il comunismo, pertanto, da un libro tutto intristito in un siffatto equivoco irrazionalistico, è impossibile trarne. E nean– c~e è possibile trarne una qualsiasi prova convincente delle ragioni personali dei suoi autori, dato che il loro allontanamento dalla rivoluzione ha la sua causa prima ed essenziale proprio nel modo come essi vi si erano fin dal principio avvicinati. Il reale interesse di quest'opera finisce dunque per risul- ibliotecaGino Bianco

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