Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

110 NOTE DISCUSSIONI ETNOLOGICHE Dice Ernesto de Martino (Società, 1949, n. 3), autore illustre del Mondo magico, che ormai tutto è chiaro: il folklore, l'etnologia, che stu– diano quanto è primitivo, arcaico, nella psiche e nel costume dei popoli, possono soltanto fiorire genuini in una società che dei popoli « subalterni » faccia il soggetto della sua politica, una società che socialisticamente orga– nizzi questi popoli diseredati e ne rivendichi l'arcaica originalità d'istituzioni e di valori. Accadrebbe cioè che, nel corso della razionalizzazione e scien– tifizzazione di tutta la vita di un popolo come la propone il socialismo, proprio gli elementi culturali più rozzi, indifferenziati, mistici, magici, pre– scientifici ecc. verrebbero studi:,.ti, compresi e rivendicati. Possibile? Dice invece Franco Fortini (« 11 diavolo sa travestirsi da primitivo», Il Giornale di Sicilia, 23 febb. 1950) che l'interesse desto in tutto il mondo per le cose etnologiche e la mentalità primitiva, per ogni manifestazione mistica, magica, irrazionale, lo preoccupano assai, in quanto non si possono facilmente scordare i guasti politici prodotti da una recente cultura irrazio– nalistica e in fondo folkloristica. Tanto più lo preoccupa il vedere che pro– pugnatore di un rinnovato interesse per le cose primitive e arcaiche si faccia proprio uno studioso marxista e ciò in nome di una santa crociata che nel paese del socialismo si andrebbe combattendo nello stesso senso. Egli teme insomma che la << possa » del socialismo unita all' « argomento della mente » partorisca un tale mostro di brutale mistico fanatismo atti– vista, da risuscitare incubi recenti. Che dire? Noi salutiamo lietamente l'interesse socialista per la men– talità magica e mitica e vorremmo rassicurare Fortini che il pericolo da lui prospettato non sussiste. È chiaro che il folklore e la mentalità mitica interessano il politico « scientifico » come accadimenti, come fenomeni da ridurre al più presto a chiara razionalità, a legge storica. Ci sarà invece, se mai, da temere che del mito, della magia, della « partecipazione mistica », lo studioso «scientifico» dimentichi il carattere più importante: l'assoluto valore conoscitivo ch'essi rappresentarono, la loro originalità storica, la loro perenne vitalità nella sfera dello spirito. E ciò sarebbe grave, specie in Italia dove il Vico esercitò la sua « aspra meditazione ». C. P. BibliotecaGino Bianco

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