Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

IL MITO 9 attimo intemporale, ma per la sua stessa natura tende a farsi storia, ad accadere tra gli uomini, a diventare cioè poesia o teoria, con ciò negandosi come mito, come fuori-del-tempo, e sottoponendosi all'inda– gine genetico-causale degli storici. Qui si dirà che non valeva la pena di far tante parole per conclu– dere che viene un momento storico-culturale in cui è come se il mito, l'attimo intemporale, non fosse mai stato. Non -siamo avvezzi a ritenere che ciò che non esiste per lo storico in effetti non esista? Senza dubbio. È la nostra abitudine. E sarebbe estetismo, sarebbe un baloccarci, un far finta di non sapere quel che già sappiamo, cercare il mito dentro la nostra conoscenza concettuale della storia. Per defini– zione, non possiamo trovarcelo. La sudata teoria razionale della natura e della storia ci sta dinanzi imponente, ci guida nell'azione, ci fa vivere. Veramente? Viviamo soltanto di questo? O ciascuna delle nostre decisioni essenziali - quelle per cui si espone la vita o la si esalta nella creazione - non nasce, al disotto o al disopra della teoria, da un impul– so più misterioso, più estatico, più autorevole che non la persuasione razionale, che non la conoscenza? Che cos'è che può inquietarci, esa– sperarci, impegnarci fino in fondo per farsi violare, rischiarare, cono– scere, se non l'inviolato, il presentito, l'ignoto? C'è questo di vero nel richiamo alla teoria: un mito degno di questo nome non può sorgere che sul terreno di tutta la cultura esistente, presupponendo questa cultu– ra, dandola per scontata, e tuttavia accennando oltre, atteggiandosi a immagine misteriosa e promettente perché irriducibile anche alla fiam– ma ossidrica della nostra più consapevole teoria. L'abbiamo detto: non serve a nulla baloccarsi con un mistero già risolto. Ma, abbandonando per ora quest'alta quota, ci accontentiamo di constatare che quanto fa vivere i singoli spiriti sotto la cenere dei giorni è quest'ardore, come di brace, dei personali nuclei mitici, dei minori .attimi estatici che hanno segnato per ciascuno i veri contatti con la realtà, popolandogli la memoria di occasioni, di moduli fantastici, d'ido– li velati. Nella memoria si celebra appunto la ripetibilità di questi miti, la loro unicità sempre rinnovata. Nel loro riaffiorare estatico è abolita miticamente la legge del tempo. Nella loro irrazionale sugge– stione è miticamente abolita la razionalità culturale. Il poeta - creatore di favole - è geloso e ~tudioso di questi lucci– .chii aurorali che di ogni bella favola sono l'avvio e l'alimento. Far poesia significa portare a evidenza e compiutezza fantastica un germe Biblioteca Gino Bianco

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