Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
NOTE 107 che presume negli uomini una « selvaggia bontà» naturalistica sempre n– trovabile qualora se ne rimuovano le tare accumulatevi sopra dalla storia e dalla cultura. Si riuscirebbe forse a mettere in luce, così, l'indiscutibile forza delle « buone intenzioni» sentimentali dell'americano medio insieme con la sua tremenda debolezza, derivante dal fatto che queste « buone in– tenzioni » non sono per così dire maturate da alcun pensiero storico o meglio, e più semplicemente, da alcun pensiero. G. C. S. GIAIME PINTOR . Di Giaime Pintor già molti hanno parlato ed è augurabile che tornino a parlare, specie dopo l'uscita della raccolta dei suoi scritti (G. PrnToR, Il sangue d'Europa, Einaudi editore, Torino, 1950). Non oserei dire però che fino ad oggi si sia data una vera e propria valutazione di Pintor (l'ottima introduzione di V. Gerratana è dichiaratamente una introduzione biografico– culturale alla lettura ma non una valutazione). Il fatto è che per dare una valutazione di una posizione culturale e di una figura storica sono indispensabili categorie di giudizio ad essa, in qualche misura almeno, superiori. Ora qui è il difficile problema: perché tutte le formule delle più vicine o più lontane tradizioni rivelano particolari deficienze nel giudicare Giaime Pintor. In questo sfuggire alle definizioni comunque consuete, in questo essere, in qualche modo, maggiore dei suoi contemporanei sta, a mio parere, l'importanza degli scritti di Pintor, mal– grado la loro frammentarietà, la loro pochezza quantitativa e in molti casi anche la contingenza delle loro motivazioni. · E io credo che chiunque voglia porsi sul terreno di una valutazione vera e propria dell'opera di Pintor non potrà evitare la propria autocritica. Per tentare di iniziare questa valutazione e quindi questo comune lavoro di autocritica credo che la chiave di volta sia data dal giudizio di Pintor sul fascismo, giudizio estremamente coerente con tutta la sua opera ed assai più profondo e decisivo di quanto a tutta prima non possa apparire: « ... il fascismo non era stato una parentesi, ma una grave malattia e aveva intaccato quasi dappertutto le fibre della nazione ... Questa prova può essere il principio di un risorgimento soltanto se si ha il coraggio di accettarla come impulso ad una rigenerazione totale » {pag. 241). A ben riflettere, in questo giudizio è implicita una critica a tutto il pre-fascismo e, quindi, a tutta la storia che al fascismo aveva portato, non solo in Italia. Bibliote·caGino Bianco
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