Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

106 NOTE ticamente intelligenti? » che affrontava appunto il problema dell'incapacità dell'America di avere una funzione ideologica pari alla sua potenza. Riportiamo alcuni passi di questo saggio al fine di una migliore descri– zione del fenomeno: « L'impressionante contrasto tra la nostra potenza e la nostra immaturità politica rappresenta una situazione unica. Quando nel XVIII secolo la Francia era la prima potenza del mondo, quando lo era la Gran Bretagna nel XIX secolo, i pensatori e la gente di questi paesi erano all'avanguardia del pensiero politico del loro tempo. Oggi gli Stati Uniti sono la prima potenza del mondo, ma i suoi pensatori e la sua gente non camminano di pari passo con il migliore pensiero politico e sociale del nostro tempo. Infinite sono le ragioni di questa deficenza del pensiero politico americano. Fra queste: la influenza della religione evangelica sui nostri costumi; la persistenza delle concezioni politiche del XVIII secolo; l'ingenuità delle relazioni americane con il resto del mondo; lo sviluppo relativamente facile della nostra economia. L'America oggi non ha alcuna classe dirigente di tecnici politici ». E qui il Carleton si pone la domanda fondamentale: « Siamo noi stati educati in modo da sapere trattare intelli– gentemente il mondo di cui siamo ancora leaders? La più importante corsa oggi nel mondo è la corsa fra l'educazione politica americana e la catastrofe». Un altro professore universitario di Chicago, il reverendo B. I. Bell, ben noto educatore cattolico, in un articolo comparso nel 1947 sul Times, criticando i metodi educativi americani scriveva: « Noi non produciamo esseri umani capaci di vivere: noi ci accontentiamo di produrre dei tecnici. Un tecnico è un uomo che conosce ogni cosa relativa al suo lavoro eccetto i suoi fini ultimi e il suo posto nell'ordine universale. Ci sono americani valenti filologi e fisici e chimici, versati in una qualsiasi specializzazione: ciò nonostante essi rimangono inintelligenti, incapaci di riconoscere i valori qualitativi o di guidare altri uomini nella scelta dei requisiti per la felicità o anche per la continuità dell'essere». Infine si potrebbe accennare, sia pure fugacemente, ad un altro ele– mento che dovrebbe entrare in un'analisi della struttura mentale americana, elemento che emerge anche dai testi dei suddetti scrittori: è quello della «ingenuità» dell'atteggiamento intellettuale-morale degli americani. A dir il vero anche questo argomento è riducibile alla questione della insufficienza ideologica, della « fiducia empiristica nella capacità delle cose di crescere e svilupparsi per pura forza organizzativa»; ma qui in particolare si do– vrebbe riprendere il discorso considerando il modo come qutsta fiducia si estrinseca nei rapporti umani. Ora essa potrebbe definirsi di un tipo rousseaniano, in questo senso: BibJiotecaGino Bianco

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