Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
NOTE 105 del sistema di vita americano, può forse trovarsi il punto di partenza di un'analisi che vuole individuare il limite della capacità egemonica, nel senso da noi indicato, della potenza americana. La fiducia empirica, infatti, nelle capacità delle cose di crescere e svilup– parsi solo per pura forza organizzativa, costringe i mezzi educativi impie– gati dagli americani nel giro di una esclusiva praticità, la quale arriva alla conclusione che « la felicità » degli individui è strettamente commisurabile alla loro possibilità di fruire di sempre maggiori commodities, di sempre maggiori opportunità tecniche. Nella inorganicità sostanziale di questa filosofia o meglio di questo at– teggiamento individualistico e assolutamente empiristico della mentalità ame– ricana risiederebbero quindi: 1) la radicale impossibilità da parte del paese economicamente dominante di sviluppare un'ideologia che dia una unita– rietà complessiva al blocco storico-culturale che non sempre a proposito viene definito occidentale; 2) la radicale incapacità della struttura mentale ame– ricana di giudicare criticamente i propri mezzi educativi data la sua generale tendenza a rimanere subordinata ai fatti, alle esperienze pratiche. Tutto questo ha delle conseguenze incalcolabili proprio sul piano dei fatti: oltre a quelle già indicate della impossibilità che il paese dominante economicamente produca anche una ideologia politica capace di guidare uno sviluppo organico e omogeneo della società civile in tutto il mondo, un'altra conseguenza, ad un tempo causa ed effetto di tale insufficienza, è che questa potenza, obbligata ad assumersi la responsabilità di rieducare le zone occu– pate già dominate dal fascismo, è portata a credere che l'unico modo di soddisfare tale obbligo sia l'esportazione dell'american way, considerato come il migliore sistema di vita esistente nel mondo. « La guerra è scoppiata perché l'Europa non conosceva i principi che regolano la democrazia ameri– cana», questo lo slogan dell'americanismo per il quale il fascismo è, ridotto a una pura distorsione psicologica da cui si può guarire con l'assimilazione di una mentalità quanto più prossima a quella del paese dominante. Quando poi gli americani si accorgono che i loro mezzi educativi, che la sola forza dell'organizzazione non è sufficiente a modificare l'assetto politico e sociale dei paesi subordinati, reagiscono seccamente sui fatti con l'istruzione rigorosa dell'Alto Commissario il quale «comanda» di diventare democratici: essi sembrano pertanto non comprendere che i guai cui vogliono così rimediare avvengono solitamente proprio per difetto dei loro mezzi educativi e in definitiva per l'insufficienza ideologica dell'americanismo. Nel 1946 uscì un saggio del professore William Carleton della facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Florida, dal titolo « Siamo noi poli- ~iblioteca Gino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy