Critica Sociale - anno XLII - n. 21 - 1 novembre 1950
308 CRITICA SOCIALE Il filosofodelquietovivere (Cartesio 1596-1650) Ortega y Gasset nel suo « Schema della cr1s1 ». osserva che oggi viviamo senza un sicuro orienta– mento, perchè si dimostrano non più attuabili i principi dell'era passata e non sono ancora apparsi chiaramente i principi dell'era nuova. Il « pas1,ato » sarebbe stato iniziato dal Cartesio, il quale « per ve– dere chiaro nelle nostre azioni e procedere sicurì nel cammino di .questa vita», avrebbe ,persuaso gli uo– mini di affidarsi alla ragione, per la quale non vi potevano esser « cose così lontane a cui non si possa giungere, nè così nascoste da non poterle scoprire ». Oggi, f.acendo un consuntivo di questi 300 anni, Ortega, come il De Unamuno, ci avverte che non solo' la ragione non basta a chiarir la storia ed il ·dina– miSJ\lO della vita; ma, data la fluidità della natura umana, difficilmente possiamo sostituire questa .re– gola· di vita e darci un indirizzo skuro per l'avve ... nin Non è mia intenzione discutere qui la conclu– sione scettica svolta con forma tanto suggestiva dal filosofo spagnuolo, cui ha risposto il Cassirer nel suo oUimo libro su «L'uomo». Voglio limitarmi ad osser– vare che i seguaci del Cartesio, trascinati dal loro entusi'asmo, hanno fatto rappresentare al loro Mae– stro una parte" che egli espressamente rifiutò, quando si credettero autorizzati di poter estendere, in nome suo, il dominio della ragione anche alla scienza del– l'uomo ed al corso della storia, sul cui terreno ap– punto Ortega y Gasset fa il suo bilancio. Il Cartesio, a volte, si dimostrò titubante nell'affer– mare il carattere innovatore del suo metodo perfino nel campo teoretico (1); mentre, nel campo pratico, dal 1637 (pubblicazioné del « Discorso») al 1647 O,ettera all'ambasciatore francese Chanut), si man– tenne sempre fedele al principio di non voler in alcun modo turbare la coscienza degli uomini, desti– nati ad. obbedire « alle leggi ed ai costumi del loro paese», attenendosi alle opiniòni « piu modèrate »· e « verisimilmente migliori » ed esclt,tdendo quindi qualsiasi critka. L'aggiunta tardiva di alcuni precetti stoicizzanti, . ch'egli fa nel suo « Trattato delle passioni » e: illu– strando la dottrina di Seneca alla pri-nicpess·a Eli– s_abetta di Boemia,' in primo luogo non si allontana, per confossione stess-a, del Cartesio, dalle mirme con~ formiste della morale provvisoria ed in secondo luo– go resta nel vago, sia perchè ripete il consiglio di attenersi al generico « meg_lio », tenendo con.to anche , dei piaceri sensibili, per considerazioni diverse, « ugualmente vere »; sia perchè continua ad avver– tirci che di cose morali l'Autore non vuole occuparsi. Anzi tale aggiunta d'accatto, collegata, ma non connessa con la morale provvisoria ed isterilita dal1a successiva riconfermata ritrosia, imbroglia e non chiarisce la morale, che, senza questa· «frangia» ra– zionale, poteva avere un suo sviluppo proprio, di– verso dalla teoretica. Difatti si poteva pensare alla distinzione fra « certezza 'logica » e « certezza mora– le», contenuta nei « Princìpii di filosofia» e discu– tere l'interpretazione di Jaspers, pel quale là certezza razionale deve esser preceduta da una ce1.1tezzapiù « cogente »; che il filosofo tedesco chiama irrazio– nale o «esistenzialista ». Si poteva pensare ;nche alla netta posizione pasca• liana, la quale· ha sempre mantenuto il dominio della ragione per la conoscenza scientifica, lasciando de- (1) Risparmio al lettore le citazioni che l'lnt~ressato può trovare ampie e precise nel mio corso universitario dedicato alla morale, cartesiana e pubblicato a Genova presso !'Ed. DI Stefano nel 1947. BibliotecaGinoBianco cisamente il mondo spirituale, la vita dell'uomo al dominio della fede. Invece quell'intrusione, a metà, della ragione, disorienta i lettori, perchè· hanno sem– pre dinanzi un Cartesio restio a « ragionare » di mo– rale, e d'un tratto sentono affermazioni oppo_ste, espo– ste, ma non sviluppate. . E' uno dei tanti punti oscuri di questa filosofia dell'evidenza. Strano il destino di questo filosofo delle « idee chiare », il quale, sotto l'apparente semplicità e chia– rezza, lascia trasparire dubbi ed incertezze, contrad– dizio]!i ed irrazionalismi, tanto da poter esser de– finito da ·alcuni come «das Vahrheitsbedilrfnis selbsb (l'esigenza stessa di verità) e da altri come « die Verborgenheit selbst » (l'oscurità stessa). A volte fu citato come « il filosofo· della libertà » a volte come « il filosofo dell'autorità»; scolastico per alcuni ed an. tiscolastico per altri; vantato come iniziatore del più netto razionalismo e ricordato poi come esem– pio d'irrazionalismo, per aver collegàto lo sviluppo del suo pensiero ad un sogno, pel quale si recò in devoto pellegrinaggio di 'riconoscenza a Loreto. Comunque si risolvano queste vari-e interpreta-zioni, è un _dato sicuro il suo più volte confessato rifiuto d'occuparsi di problemi pratici o di voler svolgere la dottrina morale i.n coerenza ai suoi princlpii teo– rètici, per il suo mai smentito amore del quieto vivere. Scrisse un libro su « L'uomo » di carattere puramente naturalistico; scqpri la· differenza fra «anima» e « spirito»; ma non pensò a trarre quelle conseguenze che lo avrebbero veramente posto nella condizione_ di poter chiaramente definire la libertà e la dignità della persona umana. Nel suo « Discor- . so» egli afferma esplicitamente e con energia eh.e se ·avesse creduto che nel suo libro ci fosse « la mi– nima cosa pei: cui» lo si potesse « sospettare d'-una siffatta follia », si sarebbe doluto moltissimo di aver– ne permesso la pubblicazione. La « siffatta follia> consisteva nell'even_tuale applicazione della sua esi– genza razionale anclie alla riforma della « vita pub– blica.», ove se è facile distruggere non è facile ri– costruire. Il Cartesio, durante tutta la sua vita, si è man– tenuto fedele àl principio che il filosofo non avesse alcuna competenza nelle 'cose di morale, riservaite alle persone adatte (ai Principi) e nelle· cÒse di re: ligione, riservate alla Chiesa. Pe11 le prime quindi non si allontanò essenzialmente dalla « mqrale prov– visoria» fondata sulla probabilità e sulla verisi– miglianza; cioè proprio sulle basi ritenute erronee nel campo ·teo'retico e, per le seconde, dice e ripete di non volersi mai aFloptanare dalla « religione im– parata dalla sua nutrice e seguita dal suo Re». Le famose· lettf're, passate alla i,toria come « grandi lettere», h1dirizzate soprattutto alla principessa Eli– sabetta di Boemia, sfiorano dunque la soluzione, ma non la svolgono,· 1asciando intatti i precetti « prov- visorii » del «Disc<>rso ». · Il Cartesio rifuggiva da atti e da polemiche che potessero metterlo in contrasto con le autorità ec-· · clesiastiche. o politiche (che allora poi erano unite) ,e quindi, per esempio; quando, ne1 1624, viene in Italia per adempiere il suo voto a Loreto, si guarda bene dal far visita al Galilei, scusandosi poi di questa viltà e di non aver mai nominato il vitando scien– ziato italiano, con p1J.role di pura cònvenienza. Nel 1648, tro'1atosi a Parigi quando il cardinale Mazza– rino fece arrestare alcuni membri del Parlamento implicati nel movimento della « Fronda >, iI nostro filosofo si a,ffrettò a ripartire senza neppure pensare di visitare il suo grande ed amato tutore Padre Mersenne, moribondo e desideroso di salutare per l'ultima volta il suo amico. Che egli fin dalle « Regulae » abbia intuito l'op– portunità di rivolgere l'attenzione ·alla vita morale · e che questa riapparisca spesso nelle sue opere, rende più grave il fatto che egli non abbia siste-
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