Critica Sociale - anno XLII - n. 21 - 1 novembre 1950

CRITICA SOCIALE JQ.7 un~ n,qrziçm~ suppJemen,t~re <Je) re~qito rwzJorn;1le,pe– rò 1 l~ii1à' ha 1Mµ,bbi~Wf9te !l~rv'ito ~. C?DS~fVàrgli que– sta pqtz\90~ ç9,otro gti · ;i~salti l,i~~lE{ forz~ avvers~ eh~ si ~ç~l'a;manQ l';inf1~zi<'>ne/)~ çohçeµtrazibne, \a çartel– Uz:z;~?ione,i monopoli; gli altt ~rofitti,, l'autofil}àp?ia- ment0 )), . ·, . ., I . ' ·S.l p1,1ò così conch19-ere ohe « (,iqyunqlle si doveva apri– re. un cantiere di demolizione del capitalismo· e di edi– ficazione socialista sembra che non si sia potuto' éo– str'µ'itè altro eh~ un,, muro di difegs,, ti11.. bastione con– tro 1'offensivç1 di un supercapitaligrpo · monopolistico, imp_rovvi~amente sorto dalle ce~ert !fel vecchio capi– talismo». cb~fo'chè (( le riforme hanno neutralizzato una spinta improvvisa di forze avverse. Il loro pregio sarà stato quello,' non già, di compiere la rivoluzione, ma di sbar– rare '1a reazìone. « Còmpenso dell'andç1r innanzi e del tomare i11.dietro, l'imrnobiliz~azione çlei fronti: ecco le conclusioni che sembra si possano trarre da un esame della struttura sociale della Francia a dieci anni di dist;il)za, ,sulla base di dati traducibili in çifre ». Donde sembra si possano trarre, secondo Georges Boris, alcune illazioni: 1) quale che sia la sorte finale della piinificazione e del dirigismo, la politica del pie– no impiego sembra dover sussistere come un vantaggio acquisito sul lasciar fare integrale. Allontanando la minaccia della dìsoccupazione, essa ha l'effetto di raf– forzare la posizione relativa della classe operaia. 2) Pqrimenti,. lo sviluppo dell.e assicuraziomi sociali dà ai salariati, per i ri~chi di malattia, di invalidità o dei crescenti oneri farriìliari, un senso di sicurezza eh.è non 1mò non rafforzare la loro indipendenza di spirito e di azione. " - a) In fatto di partecipazione ·Operaia alla direzione dell'azienda, viene riconosciuto nei testi agli operai - un diritto· di visione sulla gestione e sull'andamento generale dell'azienda, per cui il capo deve dare, spie– gazioni al personale, e questa innovazione, che rial– za la dignità operaia, si oppone al regime dell'onni– potenza o deI paternalismo, e influfsce sul clima mo– rale che presiede ai rç1pporti fra padroni e operai. Abbiamo così la conferma che le basi di alcuni pi– lastri sono gettate e che non . sembrano nè labili nè caduche in quanto l'idea che ne fu il movente va per– meando lo s!!)irito pubblico ed anche il mondo della cultura col convincimento della sua ineluttabilità suf– fragata dalla sua bontà. Riallacciandoci a quello che si disse in principio dello spirito• che anima l'uomo del pensiero, vediamo, con Pierre Emmartuel, che esso· è invocato per soddisfare la sete· che noi tutti sentiamo· ch_èesso ci « spieghi l'e– poeà in cui viviamo», e che questo bisogno fondamen– tale presenta due aspetti difficilmente conciliabili. ·« Il primo è. il nostro bisogno di sapere: noi non vogliamo più ignorare nulla di quel che ci minaccia, di quel che ci mette in causa e ci nega. Il fiecondo è il nostrò bisogno di credere: noi vogliamo che questa conoscenza ci sia presentata in un sistema che d ras– sicuri, che ci dia la parola della-situazione. Il pm:.0-do– cumentario ci stanca: , esso si ripete senza toccarci e si logora nei suoi effetti. Ma il documento elaborato in modo da rispondere alla nostra angoscia mascheran– dole tutto ciò che è reale nella finzione, e ci dia il mez– zo di uscirne foss'anche con la sola affermazione della disperazione ci fornisce, con poca spesa, l'illusione di partecipare 'all'epoca nostra e la buona coscienza di comprenderla, cioè di captarla nella visuale del pas- sato». · · Sapere, dunque, e confortarci sapendo e in~ravve– dendo l'avvenire ecco l'ansioso bisogno nostro m que– st'epoca di disordine, di rielaborazione di pensieri e di ordinamenti. Sta di fatto, sempre secondo l'Emmanuel, che « non è punto esagerato dire che i migliori rappre– sen~nti del pensiero contemporaneo furono t1:1tti,qual più ·qual meno, cresciuti ana· scuola del marxismo. La loro 'Opp~izione a)la sua forma comunistica non è ibliotecaGino Bianco quindi, ~er i pm, il semplic~ effetto dell'igl).or~nza o del partito preso. D'altro ca:i;iio,no:i;iè meno certo che h 'metòdo marxistico -cohserva il Sùo valore per molti di loro, sia solo, sia combinato con altri metodi. Non c'è quindi' da Ìneravigliarsi se H vediamo difen– dersi contro il sistema, cercando di impalcare altri si– stemi e di imprigionare il reale in una spiegazione · esauriente, in una filosofia». Ed ecco il nocciolo del problema che - tµtti quanti amiamo pensare con il nostro cervello, - ci assilla e ci tormenta: « Ii tempo nostro è siffatto che la libertà individuale è impensabile al di fuori della pressione collettiva: c'è una forma collettiva della libertà che salvaguardi la àutonomia personale pur impegnandola in una respon– sabilità sociale? Il totalitarismo è un fatto, e un fatto contagioso: quale a11ione intraprendere per promuo– vere questa libertà collettiva, questo socialismo uma– nistico che il comunismo si mette sotto i piedi nel pre– sente? E' questa domanda, e la risposta a questa do– manda, che tormentano la letteratura moderna». Ecco, è per qµesto socialismo umanistico il quale tro– va una eco, suscita una speranza in milioni di esseri i quali non intendono obbedire nè all'imperativo di Mosca, nè al dogma ultraterreno della Città del Vati– cano, che è impegnato, diremmo, l'onore degli uomini del pensiero e delia cultura, degli uomini tutti di buo– na volontà. « Confessiamo, risponde lo scrittore francese, che que– sta letteratura moderna si sente piuttosto disarmata». « Uno dei compiti dei letterati che scrivono è di docu– mentare la tirannia nelle sue molle più visibili, di at– tkar l'attenzione -di ognuno sugli implacabili ·mecca– nismi nei· qualì potrebbe un giorno trovarsi afferrato. Ma non basta denunciare gli organismi interni della tirannia: mostrarla in atto nelle coscienze non esau– risce punto il problema. Bisogna spiegare perchè la ti– rannia divien possibile, e persino fatale, essendo l'uo– mo· al présente quello che è. Mostrare in che cosa l'uomo moderno ten'de da se medesimo alla schiavitù, per così dire dal di dentro». Lo scrittore arriv~ quasi a dire - « ed è gravissimo essere indotti a pensarlo - che l'intelligenza odi~rna soffre di un complesso di inferiorità davanti ai fasci– smi, ·quali ché essi siano ,e dubita della testimonianza individuale perchè è inorganica». In sintesi, premessa la necessità di dare ad ogni uo– mo la sicurezza di un lavoro e di un reddito sufficien– te - e un po' più che sufficiente - ciò che sembra ormai entrare nella coscienza della generalità come un :vero imperativo categorico ·da attuare in questa ge– nerazione vien riconosciuto come un compito di quel socia1ism~ che, par:tendo da concezioni marxisté, pregia al sommo l'uomo nella sua personalità, nella sua inte– grità fisica e nella sua dignità morale, quello di ten– dere sempre più a liberare lo spirito dell'uomo nel suo stesso foro interiore dal timore- o dal miraggio e quin– di dall'imposizione di un dogma· o di un diktat collet– tivo facendoo-li riassumere in pieno il senso di respon– sabiÌità e quindi di dignità, pur mantenendo e svilup– pando per ·entro la collettività in cui vive, pensa ~edo– pera; i doveri sempre soddisfacenti e gioiosi di solida– rietà fraterna ~ di collaborazione nello sforzo per una· continua ascesa economica e spirituale. Nel disordine del mondo nostro, questa sembra es-. sere la luce che traspare fra le intelligenze e che do– vrebbe essere di guida alla formazione di un nuovo ordine. ALESSANDRO SCBIAVI A CHI PROCURA DUE ABBONAMENTI NUOVI o~o UN TERZO ABBONAMENTO, PUBCBE' ANCH'ESSO NUOVO.

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