Critica Sociale - anno XLII - n. 20 - 16 ottobre 1950

CRITICA SOCIALE 283 reva aggiungere la intelligenza e la volontà, e che so– cialmente la nuova ricchezza fu sempre il frutto di un nuovo atto di intelligenza: non vi è lavoro, non vi è capitale che non cominci con un atto di intelligenza. Questo atto di intelligenza non possiamo chiederlo al . selvaggio, cui molto' si avvicinano gli abitanti delle zone depresse demoralizzati dalla indigenza, che è il gradino inferiore della povertà, ma nop possiamo nep– pure chiederlo a una nuova burocrazia· ambulante. come· quella vagheggiata · dal prof. Fanfani. Dobbiamo chiederlo a una borghesia attiva e intra– prendente, che esca dallà crisalide delle classi abbienti martellate dal pungolo rovente delle categorie più po– vere fra i lavoratori, che minaccino il -quieto vivere e l'immobilismo. conservatore dégli abbienti con la insofferenza delle loro condizioni di vita attuali e con il loro bisogno di un tenore di vita più alto e più umano. Se la povera gente delle aree depresse avesse le .capacità di iniziativa che le chiede l'ex Ministro del Lavoro per' creare piccole centrali elettriche ove scor– re un torrente qU!).Siperenne, per avvalersi del pietra– me costruendosi casette civettuole, per dar vita a pic– cole imprese che utilizzino le more dei roveti a farne marmellate, Le aree depresse non esisterebbèro. Que– ste virtù di iniziativa, di intelligenza, di volontà co– struttrice dobbiamo chiederle alle classi abbienti, che la loro esistenza privilegiata potrebbero giustificare e legittimare solo con queste virtù. Se la burocrazia avesse queste attitudini suscitatrici, non assisteremmo alla caccia disperata all'impieguccio mal pagato ma sicuro apportatore di uno stipendio mensile per tutta la vita, ma avremmo una schiera di piccoli imprendi- . tori, capaci di suscitare ricchezza per sè e per gli altri nei borghi e nei villaggi, eliminando automati– camente la piaga delle aree depresse. La esistenza delle aree depresse in tutta Italia - nel Mezzogiorno quasi come regola e neU'Italia Centro Set– tentrionale come larga eccezione - è la base di un. atto di accusa inconfutabile contro le classi abbienti,– che non sono assurte alla dignità di borghesia e che difendono con accanimento rabbioso il mantenimento di privilegi, cui non corrispondono servizi da esse resi alla Società civile; ed è ad un tempo la condanna del regime burocratico e accentratore che caratterizza la vita italiana con i suoi Ministeri pletorici, con lè sue Prefetture poliziesche e con i molteplici baronati pro– vinciali, organi periferici dei Ministeri, paralizzatori in genere delle iniziative locali anzichè suscitatori di energie latenti. Da 1 ,queste zone depresse muove l'inurbamento, che nei;centri maggiori è anche in quelli medii contribui– sce al fenomeno vergognoso delle periferiche borgate, ove si raccoglie taata gente senza arte e senza parte, che vive in un permanente stato di abiezione e di mi– seria materiale e che difficilmente riesce a elevarsi dal sotto-proletariato sino al livello del proleta:·'ato. Gli sciami di falene richiamati dalla luce abbagliante dei centri urbani partono dalle aree più depresse e si raccolgono alla periferia delle città in case miserrime, formapdo la grande massa dei badilanti che si accam– pa irrequieta e che preoccupa la Celere solo nei giorni torbidi, quando un evento inatteso funge da scintilla di incendio della materia combustibile. accumulata da anni 6 da secoli di sofferenz_e e di ingiustizie. A curare questo cancro roditore della vita italiana non serve nè il rafforzare la Celere aumentandone gli effettivi e affiancandole- la Milizia Nuova della difesa civile, nè il ricorrere alle ondate di tecnici suggerite dall'autorevole e professorale esponente della Sinistra democristiana: occorre clie le classi abbienti del Mez– zogiorno e delle zone depresse dell'Italia Centro-Set– tentrionale evolvano a borghesia moderna se non pre– feriscono essere spazzate via come categoria sociale che non adempie alle sue funzioni storiche, e per af– frettare questa evoluzione non v'è altro mezzo che la cu incesrnnte e instancabile pressione delle classi lavo– ratrici nei loro strati più consapevoli, intesà ahche a far cessare la proteziorre accordata dallo Stato ita- . liano alle forze della conservazione dell'ordine attuale e alle tendenze all'immobilismo, sempre caro a chi _fruisce· di un privilegio e non ha nessuna disposizione a ri:\).unciarvi. _ L'esame di ogni aspetto della vita sociale italiana - compreso questo delle zone depresse - mi porta alla rigida riaffermazione della necessità che i socia– listi rimangano fedeli alla intransigenza, che non equi– vale affatto a un nullismo massimalista, come non equivale a un innocuo riformismo la mia convinzione che occorra giorno per giorno dare opera per la so– luzione di concreti problemi nel campo ove si spiega la nostra attività di socialisti. Il deprecato e deprecabile nullismo massimalista è incompatibile anche concettualmente con questa a– zione pratica intesa a impostare problemi concreti: il riformismo sterile si ha quando si concentra ·l'azio– ne nel campo parlamentare, illudendosi di servirsi del– le accorte combinazioni e delle ingannatrici pattuizio– ni per agevolare l'ascesa della .classe operaia e la tra– sformazione economica che è necessaria perchè questa classe acquisti la capacità minima indispensabile per conquistare ed esercitare il potere. Nello Stato Italiano - oggi come ieri - esercitano un influsso decisivo le forze conserv·atrici coadiuvate dalla burocrazia, sempre più decisa ad allargare il suo potere e a considerare il cittadino come un sud– dito. Questo equilibrio di forze non si muta entrando nell'ingranaggio con la concessione indulgente di qual– che portafoglio ministeriale. Il complesso delle forze ·dominatrici riesce fatalmente a incapsulare le e de– bolezze » di questo apporto di mera apparenza esterna, che serve in definitiva a screditare chi va al Governo come un tollerato e a paralizzare ogni sua azione con– finandola fra le buone intenzioni destinate a lastricare le vie dell'Inferno. Quasi un secolo fa Carlo Cattaneo, che avvertiva la impossibilità di agire dall'interno, rifiutava ogni collaborazione, simboleggiando questo- rifiuto con la invincibile ripugnanza a prestare in Parlamento il giuramento: oggi, chi avverte la stessa impossibilità rimasta immutata, non può non chiudersi nella in– transigenza. Ma questa non preclude l'eserciz_io di un'attività concreta da svolgere di preferenza nei Comuni, nelle Cooperative, nei Sindacati, impostando problemi con– creti, indicandone le soluzioni possibili, operando per– che si realizzino, cercando in ogni modo che le aree depresse si immettano nel circolo attivo della vita mo– de na intensa, favorendo nel modo migliore il formarsi di una capacità operaia _e la vittoria delle ini7lative inte~ligenti sull'immobilismo dei conservatori e sul– l'inganno della demagogia arruffona e parolaia. GIDLIO PIBRANGELI PANETTONE · PAN FRUTTO • TORTA MILLESTELLE- CAKES - BISCOTTI - AMA,ETTI - TORRONE - CIOCCOLATO. CARAMELLE. FONDENTI - PRALINES - CONFETTI • CONFETTURE - MARMELLATE. MOSTARDE • MARRONI· CANDITI · FRUTTA CANDITA - GELATINE DI FRUTrA - GELATI · SPUMANTI E LIQUORI - SCIROPPI - SEMILAVORATI.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=