Critica Sociale - anno XLII - n. 20 - 16 ottobre 1950
CRITICA SOCIALE 281 tutti i prudenti dubbi dobbiamo tener conto; e ne troviamo traccia, infatti, nella letteratura recente sull'argomento; ne dobbiamo tener conto proce– dendo con somma cautela, ma non èol già deliberato proposito di fermarci. Nè dobbiam-0 spavemt·arci dell'intromissione della politica nel santuario eco– nòmico: essa - come notava il Balogh - vi si trova già da molto tempo, "e gli uomini sembra non abbiano alcuna intenzione di estrometterla. Dobbia– mo invece prenderci cura di chiarire i concetti, esaminare limiti, rischi, possibilità, conseguenze di una politica di p.o. Perchè, in verità, questo tema vien trattato, a volta a volta, come problema morale e politic..o, o come problema e.conomico, e più spesso i due criteri e i due aspetti vengono fusi e confusi, ciò che finisce per .originare discussieni non di rado sterili e nebulose, tautologie e rumore di parole. 8 Ecco perchè bene ha fatto l'I.S.E. a cura1,e la • pubblicazione in lingua italiana del rapporto che U:n gruppo di economisti, su invito de] Segretariato dell'O.N.U., ha recentemente redatto. I1 Consiglio economico e socia:lé dell'O.N.U. dovrà esaminare questo rap,porto, che ha fatto seguito ad un'inchiesta compiuta tra i' governi, e che rappre– senta un contributo notabile alla politica economica del nostro periodo storico. Si trattava di riassu– mere, tlopo il referendum dei governi sull'argo– mento, quali raccomandazioni potesse fare l'O.N.U. in materia di politica di piena occupazione. Gli autori (J. M. Clark, A. Smithies, N. Kaldor, P. Uri,' E. R. Walker) sono· in gran parte economisti noti, e dotati di preparazione specifica intorno al tema dell'experNse: essi-, dopo avere, nell,a prima parte) esaminato ·la natura dell'impegno assunto dai paesi che hanno accettato la Carta delle Nazioni Unite e hanno firmato· le convenzioni recenti di natura internazionale, dopo aver definito che cosa· si possa intendere per piena occupazione, è aver formnlate le ipotesi necessarie, si soffermano sugli aspetti nazionali e internazionali del quesito lorn posto; infine concludono presentando alcune raccomanda– zioni, nelle quali si rivela un certo ottimismo sugli interventi dell'ente pubblico nelle cose economiche. I compilator-i- hanno preso in esame unicamente la disoccupazione derivante da i'nsuffidenza della do– manda effettiva globale, come d'altronde avevano , fatto anche i sei economisti inglesi che redassero nel 194f, la collana di studi Th,e economics of full employment. Ci si limita, quindi, al problema di maggior interesse, quello della « correzione >> degli effetti delle fluttuazioni cicliche. Non si affrontano i temi della disoccupazione speci.fìcamente legata ad altre·' cause, nè quelli del miglior 9rdinamento dél mercato del lavoro ai fini di una « mobilità organiz– zata», nè quelli della cosiddetta disoccupazione fri– zionale, o fisiologica (che gli AA. calcolano, dal 2 al 5% d~lla popolazione attiva), nè quelli della di– soccupazione stagionale,· o dipendenti da motivi sponlbile » e che « l'offerta di lavoro deve essere suscettibile di seguire i mutamenti della domanda che sono inseparabili dal progresso tecnico». CLARK E COLLEGHI, dopo aver' affer– mato ·che, letteralmente, la piena occupa-z. « indica una situa– zione nella quaie non vi sono disoccupati >>, aggiungono ch'e « deve però essere riferita al volume della forza disponibile di lavoro, cioè al' numero di persone in -grado di lavorare e che cercano un lavoro remunerato, nonchè alla durata normale del lavoro »... « e tanto il numero di coloro che vogliono lavo– rare quanto le ore di lavoro normali variano secondo la strut– tura sociale, gli incentivi esiste,;ti e il grado di svHuppo eco– nomico dei singoli Paesi ». « Inoltre ogni definizione della pie– na occupazione deve tener conto delle varie specie di disoccu-· pazlone che esistono nel mondo, alcime delle quali nori ·pos– sono esser.e completamente eliminate, anche se molto si può BibliotecaGino Bianco occasionali (11). Era anche evidente che i compi– latori della memoria dovessero partire da schemi semplificatori, dovessero cominciare a delimitare quel che intendono per « piena occupazione », do– vessero distinguere l'azione possibile dal punto di , vista dei singoli paesi e dal punto di vista inter– nazionale, supponendo esistenti alcuni -strumenti', supponendo un sistema di stretta cooperazione in– ternazionale, supponendo condivisa una certa poli– tica economica di interventi. Gli AA. · si limitano piuttosto ad indicare quelli che furono definiti i « fattori strategici >> di una politica economica di p. o. ai fini della stabilizzazione della domanda effettiva: nè qui io posso soffermarmi nell'esame minuto. ·Non· si può dire che i compilatori non siano· stati prudenti: anzi, essi spesso sottolineano limitazioni e rischi. Insistono sul concetto di additare soltanto schemi, non politiche economiche uniformi, per tutti i paesi del mondo. E d'altra parte rilevano che queste ricerche, e soprattutto la formulazionè di suggerimenti precettistici, sono ancora nella loro infanzia, e che non è possibile fornire la pietra filosofale a nessun paese. , Ma ciò che colpisce il lettore, è che i relatori sono ben convinti della tesi loro assegnata. I1 Clark rileva anzi che « la situazione attuale, ci avverte di con- ·•siderare molto seriamente i rischi che corriamo fa– cendo troppo poco >> in tema di occupazione delle forze lavorative; e per conto suo è disposto ad .assumersene certamente molti per un intervento po– sitivo, talchè consiglia perfino di tentar di ricorrere anche a procedimenti finora « insufficientemente sperimentati ». Insomma, che questi tentativi siano controversi, che il pericolo di pretender tr()ppo dall'intervento ci sia, che ci si imbatta in ,fortissime difficoltà, che alcune questioni richiedano esami più appro– fonditi, t-utto ciò è vero, ed è sottolineato dagli AA. Ma essi ci dicono, in sostanza, che, pur trattandosi di un'arena per,;icolosa, seminata di insidie, vale la · pe:n,a di impegnarcisi. La qual conclusione, di fronte ai fatalismi maomettani così diffusi in molti Paesi, è già confortante. 9 Non è mia intenzione, - nè questa (una breve • prefazione quale è stata chiesta ad un uomo politico) -è la sede, - di chiosare o di com– mentare i risultati del rapporto. I lettori lo giudi– cheranno d'altronde, assai meglio, senza le inutili querimoniose disquisizioni iniziali di .un profano, o quasi. E' un rapporto che ha sollevato forse troppi entusiasmi, ma certamente critiche affrettate e irose, dà entrambi questi eccessi vorrei mettere in guardia il, lettore. -Era, comunque, ben giusto, che gli italiani non si contentassero di leggere giudizi trinciati d·a sbrigativi recensori, ma avessero sotto occhi l'intero testo della memoria, la cui imminente discussione al Consiglio economico e sociale del- 1'0.N.U. promette di ess.ere particolarmente interes– sante. In Italia - paese che, con la Germania, divide far per diminuirne l'importanza ». Anche il gruppo di econo– misti di Oxford (BALOGH E COLLEGHI), dopo aver consentito che « la p.o. costituisce· un ·concetto astratto », tenta di definirlo: << Noi illtendiamo con quc~ta dizione una condiziòne economica nella quale la disoccupazione è limitata a questo minimo di disoccupati involontari rappresentato da individ~i- che hanno appena lasciato un'occupazione per un'altra occupazione pron– ta a riceverli >>. Quanto al contenuto sociale ed ai limiti eco– nomici della p.o., essi non possono « essere determinati dagli economisti », ma d,llle preferenze sociali e politiche dominanti nel Paese interessato. (11) Un eccellente ri'!,ssunto della situazione attuale della lotta contro la disoccupazione, delle proposte per la piena oc– cupazione e per il ;miglioramento dell'organizzazione del mer– cato è offerto dal volume del B.I.T. La lutte contre le chò– mage, Ginevra 1950.
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